Roma. Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa commesso “per un tempo assai lungo” da Marcello Dell’Utri è espressione della sua “particolare pericolosità sociale”.
Lo scrivono i giudici della Cassazione nelle motivazioni che confermano la condanna a sette anni di carcere per l’ex senatore di Forza Italia. Merita quindi conferma, secondo la Cassazione, la sentenza emessa nell’appello bis dal cui tessuto argomentativo “si evince che il diniego delle circostanze attenuanti generiche e il complessivo trattamento sanzionatorio” a carico di Dell’Utri “sono stati giustificati con la qualità e la natura del reato commesso, espressivo di particolare pericolosità sociale, con le modalità della condotta, protrattasi per un lasso di tempo assai lungo e idonea a ledere in maniera significativa” l’ordine pubblico.
Con “chiara e puntuale coerenza argomentativa”, nel “rispetto della logica” e del “contenuto delle prove” ad avviso della Cassazione, la sentenza di appello bis di condanna a Dell’Utri dimostra la sua “coscienza e volontà” di fornire “quale concorrente esterno, un rilevante e decisivo contributo causale alla realizzazione, almeno parziale, del disegno criminoso” di Cosa Nostra palermitana “nella piena consapevolezza dei suoi metodi e dei suoi fini, assicurandole un costante canale di arricchimento”.
Con “giustificazione esaustiva e razionale”, scrive ancora la Cassazione, la Corte di Appello di Palermo ha analizzato “la sistematicità nell’erogazione delle cospicue somme di denaro dall’imputato a Cinà, indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione” all’accordo con gli esponenti mafiosi Bontade e Teresi stipulato nel 1974 e durato fino al 1992 per assicurare la protezione dei beni economici e dei familiari dell’ex presidente del Consiglio.
“Il perdurante rapporto di Dell’Utri con l’associazione mafiosa anche nel periodo in cui lavorava per Rapisarda e la sua costante proiezione verso gli interessi dell’amico imprenditore Berlusconi”, si legge, è stato “logicamente desunto dai giudici” dell’appello bis “anche dall’incontro, avvenuto nei primi mesi del 1980, a Parigi, tra l’imputato, Bontade, Teresi, incontro nel corso del quale Dell’Utri chiedeva ai due esponenti mafiosi 20 miliardi di lire per l’acquisto di film per Canale5”.