Il personaggio di Giacomo Leopardi conquista la platea della Mostra del Cinema di Venezia. Il film di Mario Martone, Il Giovane Favoloso che riporta in vita le vicissitudine del grande scrittore e poeta italiano hanno convinto la stampa che ha accolto la proiezione con scroscianti applausi.
Il Leopardi prende vita sullo schermo con Elio Germano che si è presentato al Lido con il pugno alzato e la maglietta Artisti 7607, sigla dell’associazione di autodeterminazione degli artisti.
Un grande privilegio per lattore che si è detto onorato e lusingato per essere stato scelto per questo ruolo: È un lusso, un sogno per ogni avendo avuto anche la possibilità di preparare a lungo, tre-quattro mesi e non succede mai nel nostro cinema, questo personaggio al punto che avrei voluto proseguire la preparazione per lungo tempo ancora, talmente era diventato con Giacomo, un grande e fecondo dialogo, ha detto Germano ai giornalisti in sala stampa.
Accanto al giovane attore anche Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis e Valerio Binasco. Il film ruota attorno a Leopardi, bambino prodigio che cresce sotto lo sguardo implacabile del padre in una casa che è una biblioteca.
La sua mente spazia ma la casa è una prigione: legge di tutto, ma luniverso è fuori. In Europa il mondo cambia, scoppiano le rivoluzioni e Giacomo cerca disperatamente contatti con lesterno. A ventiquattro anni, quando lascia finalmente Recanati, lalta società italiana gli apre le porte ma il nostro ribelle non si adatta.
A Firenze si coinvolge in un triangolo sentimentale con Antonio Ranieri, l’amico napoletano con cui convive da bohémien, e la bellissima Fanny. Si trasferisce infine a Napoli con Ranieri dove vive immerso nello spettacolo disperato e vitale della città plebea.
Scoppia il colera: Giacomo e Ranieri compiono l’ultimo pezzo del lungo viaggio, verso una villa immersa nella campagna sotto il Vesuvio. Ho portato a teatro le ‘Operette morali’, con inaspettato successo: non ho potuto resistere alla sfida del film, la cui drammaturgia deriva dalle poesie, le lettere, lo Zibaldone leopardiano”, dice Martone, sottolineando come “il pensiero di Leopardi si alza mentre il corpo si rattrappisce: centrale è il rapporto tra corpo e scrittura, una temperatura non solo intellettuale, ma umana.