Festival del Cinema di Roma, vince l’inglese “Trash”

di Gaetano Bencivenga

 Si è conclusa la nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma tenutosi presso l’Auditorium Parco della Musica.

Molto attesi erano i verdetti espressi, per la prima volta, interamente dalla giuria popolare, ovvero dagli spettatori accorsi in cospicuo numero ad assistere alle proiezioni dei lungometraggi distribuiti nelle differenti sezioni.

Il massimo riconoscimento, ossia il Marc’Aurelio d’Oro per la miglior pellicola della sezione “Gala”, è andato a “Trash” diretto dal britannico Stephen Daldry, già autore dell’acclamato “Billy Elliot” (2000), divenuto ora un musical di Broadway. Il film, tratto dal romanzo omonimo di Andy Mulligan (2010) e interpretato da Rooney Mara, sembra ispirarsi al pluripremiato “The Millionaire” del connazionale Danny Boyle, solo che l’azione viene spostata dalle baraccopoli di Mumbai alle favelas di Rio.

Un’operazione, per molti, furba e calcolata per colpire al cuore il pubblico in maniera piuttosto artificiosa ma che a Roma ha trovato parecchi sostenitori. I più avrebbero preferito vedere sul podio l’intrigante “Gone Girl-L’amore bugiardo” di David Fincher o il folle “As the Gods Will” di Takashi Miike ma il popolo si è espresso a favore del sentimentalismo umanitario di Daldry. Anche nelle altre sezioni pare non abbiano prevalso i migliori della competizione.

Il trionfatore di “Cinema d’oggi” è stato, infatti, il cinese “12 Citizens” di Xu Ang, rivisitazione in salsa orientale del processo improvvisato del capolavoro “La parola ai giurati” di Sidney Lumet, mentre, stando ai giudizi espressi prevalentemente dalla stampa, il riconoscimento l’avrebbe meritato lo splendido “We are Young. We are Strong” dell’afghano, naturalizzato tedesco, Burhan Qurbani. Stesso discorso vale per “Mondo genere”, dove a prevalere è stato l’indiano “Haider” di Vishal Bhardawaj, sorta di “Amleto” shakespeariano ambientato nella devastata regione del Kashmir, che ha, ingiustamente, battuto l’adrenalinico “Lo sciacallo”, esordio alla regia di Dan Gilroy.

Per la sezione “Cinema Italia” fiction il premio è andato all’applaudito “Fin qui tutto bene” dell’anglo-italiano Roan Johnson, racconto dell’ultimo weekend da universitari di cinque giovani a Pisa sospesi tra un passato irrecuperabile e un futuro denso di incognite, laddove per quella dedicata ai documentari, genere sempre più in ascesa, il trofeo è stato consegnato al reportage di un viaggio alla scoperta dell’Eritrea in “Looking for Kadija” di Francesco G. Raganato.

Il direttore artistico Marco Muller, forte sostenitore di un ritorno alla concezione di festa con tante anteprime interessanti e la presenza di divi d’oltreoceano soprattutto al maschile, ha, infine, dichiarato di aver concluso la sua esperienza triennale passando il testimone a un collega, al momento, senza nome, che speriamo continui sulla scia tracciata dall’intraprendente Muller.

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