Trapani. La Direzione investigativa antimafia di Trapani ha effettuato un maxi sequestro di beni nei confronti dellimprenditore palermitano Calcedonio Di Giovanni, 75 anni, del valore stimato in oltre 450 milioni di euro.
La proposta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale avanzata dal direttore della Dia è stata accolta dal Tribunale di Trapani, presidente Piero Grillo, che ha emesso il relativo provvedimento ablativo, condividendo le investigazioni condotte dalla Dia trapanese, dintesa con il procuratore aggiunto Bernardo Petralia, coordinatore del Gruppo Misure di Prevenzione della Direzione distrettuale antimafia.
La figura di Di Giovanni emerge da acquisizioni processuali dalle quali si rileva che, pur non essendo un affiliato a Cosa nostra, è certamente un imprenditore che non disdegna di entrare in rapporti di affari con le imprese mafiose, di assicurare alle cosche lottenimento di lauti guadagni e di fungere da anello di collegamento con il mondo economico per linvestimento dei profitti e per lintestazione dei beni.
Si può definire un imprenditore spregiudicato la cui parabola imprenditoriale, esplosa negli anni settanta, si è indissolubilmente intrecciata con i destini delle famiglie mafiose del mandamento di Mazara del Vallo, uno dei più attivi dellintera organizzazione criminale, bisognosa di reinvestire in attività lecite i proventi derivanti dalle sue lucrose attività illecite.
Unattenta ricostruzione della storia meno recente della mafia mazarese, dei suoi legami con i vertici di Cosa nostra e della camorra napoletana, dopo avere evidenziato lenorme redditività dei traffici internazionali di stupefacenti e di sigarette, ha messo in collegamento la figura di Di Giovanni con uno dei principali artefici del riciclaggio internazionale, ossia Vito Roberto Palazzolo.
Nei primissimi anni settanta, infatti, Di Giovanni, originario di Monreale, giovane ed insospettabile parente di Calcedonio Bruno, spietato killer a servizio del capo mafia mazarese Mariano Agate, rilevava da parte di Palazzolo, con un notevole esborso finanziario, un enorme complesso edilizio, a destinazione turistica, in fase di realizzazione sul litorale di Campobello di Mazara, nel quale erano stati investiti notevoli capitali provento del traffico di droga e contrabbando di sigarette gestiti da Cosa nostra trapanese e palermitana.
Più collaboratori di giustizia hanno dichiarato che Di Giovanni era portatore degli interessi delle cosche mafiose siciliane, evidenziando anche i suoi collegamenti con il noto commercialista Giuseppe Mandalari e la massoneria non ortodossa.
Limmenso ed incontrollabile patrimonio immobiliare realizzato dallo stesso, con risorse di ignota provenienza, ha ospitato in diverse occasioni pregiudicati mafiosi latitanti. Negli anni più recenti, attraverso artificiosi meccanismi fraudolenti, Di Giovanni ha avuto accesso a rilevantissimi finanziamenti pubblici, coinvolgendo nei propri progetti anche interessi della mafia di Castelvetrano, ed in particolare quelli di Filippo Guttadauro, fratello del capo mafia palermitano Giuseppe Guttadauro e cognato del boss latitante Matteo Messina Denaro.
Il patrimonio sequestrato a Di Giovanni comprende 20 società operanti nel settore immobiliare ed i relativi compendi aziendali; 547 unità immobiliari; 12 veicoli; 8 rapporti e depositi bancari.