Palermo. Un testimone eccezionale è chiamato a deporre, in queste ore alla Corte d’Assise di Palermo, nel processo sulla trattativa Stato-mafia.
È prevista per le 10 di martedì mattina la deposizione del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che dovrà far luce su una serie di elementi. Una ventina le domande preparate dai pubblici ministeri, rivolte al capo dello Stato dal procuratore Vittorio Teresi, nella sala del bronzino.
Parteciperanno circa 40 persone all’udienza: giudici, cancelleria, cinque pm, gli avvocati delle 7 parti civili e dei 10 imputati. Esclusa la presenza di qualsiasi apparecchio elettronico: smartphone, tablet, pc, strumenti di registrazione. L’udienza sarà verbalizzata secondo il metodo tradizionale: i verbali andranno alla corte e, solo dopo essere stati trascritti, saranno disponibili. Chiuse le porte alla stampa: i giornalisti non potranno assistere neppure in videoconferenza.
Non si esclude la possibilità che il numero delle domande possa aumentare, ma l’obiettivo principale sarà quello di chiarire le vicende che ruotano intorno alla lettera scritta dal consigliere giuridico del capo dello Stato, Loris D’Ambrosio, un mese prima di morire. Il testo, redatto nel giugno 2012, mostrava le perplessità dell’uomo. Episodi del periodo 1989- 1993 ha scritto -che mi preoccupano e fanno riflettere; che mi hanno portato a enucleare ipotesi di cui ho detto anche ad altri, quasi preso anche dal vivo timore di essere stato allora considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi.
Napolitano, in una lettera del 2013 scritta al giudice Alfredo Montalto, comunicava di non avere alcuna informazione utile relativa alla vicenda: Non ho in alcun modo ricevuto dal dottor DAmbrosio qualsiasi ragguaglio o specificazione circa le ipotesi da lui enucleate e il vivo timore a cui ha fatto generico riferimento.
Nel porre le domande, i pm dovranno tenere conto dei limiti imposti dalla Consulta e relativi alla riservatezza delle attività svolte dal capo dello Stato, che potrà revocare in qualsiasi momento la disponibilità a rispondere ai quesiti. L’avvocato di Totò Riina, informa che il boss è dispiaciuto di non poter assistere in videoconferenza all’udienza.
Sarà proprio il difensore del mafioso a porre una serie di domande relative al carcere duro,al tempo della strage di Capaci, di cui il presidente della Repubblica fa già sapere di non conoscerne i particolari perchè a quel tempo esercitava funzioni estranee a qualsiasi responsabilità di elaborazione e gestione di normative antimafia. Non si esclude che verranno chieste informazioni sull’allarme Sismi del ’93 che parlava di rischio attentato per Napolitano, all’epoca presidente alla Camera, e Giovanni Spadolini.