JC Festival, il concerto “Jommelli e i suoi maestri”

di Redazione

 Aversa. Continua il “Jommelli/Cimarosa Festival”. Al Teatro Cimarosa è andato in scena il concerto “Jommelli e i suoi maestri” a cura dell’Ensemble “Dolce&Tempesta”, organizzato dal Centro di Musica Antica Pietà de’ Turchini.

Un evento che arricchisce ancora di più il festival dedicato ai grandi maestri del Settecento, che ha già ottenuto consensi con l’inaugurazione del Sedile di San Luigi ed i concerti del Coro del Teatro San Carlo e quello della Pietà de’ Turchini. L’atmosfera è resa ancor più magica da una Aversa illuminata a festa.

Con il concerto “Jommelli e i suoi maestri”, diretto da Francesco Cotticelli e Paologiovanni Maione, vuole mettersi in risalto quel rapporto quasi viscerale che il maestro ebbe con i suoi allievi. Ad esibirsi sarà l’Ensemble Dolce&Tempesta, diretto da Stefano Demicheli, assieme ai soprani Francesca Aspromonte e Sonia Tedla Chebreab.

Il programma prevede l’esecuzione di brani tastieristici, alcuni di stampo didattico, firmati da Francesco Durante, Leonardo Leo, Nicola Fago e dallo stesso Niccolò Jommelli, che faranno da collante per una serie di lavori vocali degli stessi maestri. Tra questi, alcune cantate per soprano e basso continuo (“Rendimi o bella Irene” di Leonardo Leo e “Questo povero cor” di Nicola Fago), il duetto jommelliano Sonno amico dolce calma, conservato nel manoscritto segnato I-Nc Arie 396 della biblioteca del conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, e l’inedita serie di dieci duettini dell’aversano contenuti in un fascicolo del manoscritto segnato I-Rc 2278 della biblioteca Casanatense di Roma, appartenuto molto probabilmente al cantore della cappella Pontificia Don Giovanni Nicoletti e preso anche in esame in una delle relazioni del convegno.

Quasi tutti i brani vocali del programma ben si sposano, per via delle loro tematiche per lo più amorose, al concetto generale del festival in cui il convegno è inserito: Soave sia il vento. È un vento d’amore dolce e malinconico, quello del concerto. Non d’addio, come nel celebre terzetto mozartiano del Così fan tutte, ma comunque sofferto perché tradito, infelice o non ricambiato, come da copione della letteratura cantatistica per voce sola.

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