Sun, Giuliano: “Chiamiamola Prima Università di Caserta”

di Nicola Rosselli

 Aversa. Chiamiamola “Prima Università di Caserta”. L’invito, rivolto attraverso una lettera aperta al magnifico rettore Franco Rossi, viene dall’ex senatore e sottosegretario Pasquale Giuliano.

Una lettera datata di qualche anno, ma che si ripropone con tutta la sua coerente attualità di fronte ad un problema che non si vuole risolvere e che non è solo formale.

“Dopo il nostro colloquio di pochi giorni fa a Roma, -– scrive l’esponente politico aversano – ho continuato a pensare alla ‘nostra’ Università che, grazie all’impegno di docenti e discenti ed alla ricchezza dell’offerta formativa, si sta progressivamente affermando come una protagonista del sistema accademico italiano, oltre che come irrinunciabile faro di cultura e formazione per la provincia di Caserta”.

Giuliano sottolinea anche l’importanza di avere un’università decentrata sul territorio (ricordando anche due aversani che hanno fatto in modo che Aversa fosse sede di facoltà) quando afferma: “Grazie alla originale e felice scelta in senso policentrico dell’organizzazione didattica, Caserta, Aversa, Capua e Santa Maria Capua Vetere tendono sempre più a dismettere gli abiti di cittadine ‘di provincia’ per rendersi partecipi della tensione verso ‘il grande’ e verso ‘il tutto’, che è propria dell’’universitas’. I numeri degli iscritti da te riferitimi, di cui insieme ci siamo compiaciuti, certificano che il sogno di alcuni ‘visionari’ (tra cui ricordo con affetto e rimpianto Antonio Ruberti e Tiberio Cecere ) è ormai realtà viva ed operante. Gli avvocati, gli ingegneri, gli architetti, i magistrati, i medici che in questi anni sono stati formati da quella che nell’intestazione, ‘provocatoriamente’, ho ribattezzato ‘la Prima Università di Caserta’, rappresentano l’apprezzata e robusta leva di una classe dirigente con uncurriculum studioruminteramente svolto sul territorio. Se alcuni, o molti, avevano paventato il pericolo di una globalizzazione spersonalizzante, nella nostra provincia possiamo affermare con soddisfazione che questa eventualità non si è verificata. L’Università, sempre più protesa verso ‘il mondo’, qui è tutt’altro che ‘apolide’, perché inspira tradizione ed irradia a sua volta energia culturale in maniera capillare, attraversando, innanzitutto, i gangli vitalidella nostra provincia”.

Un discorso a parte meritano i luoghi in cui l’università è ospitata, luoghi che sono tornati a vivere proprio grazie alla presenza delle facoltà universitarie. “Siti di altissimo pregio storico ed architettonico, come la Real Casa dell’Annunziata di Aversa, il Palazzo Melzi a Santa Maria Capua Vetere, il Convento di SantaMaria delle Dame Monache a Capua, grazie all’Accademia, – afferma Giuliano – hanno ripreso le loro antiche sembianze, favorendo una continua e feconda relazione di scambio tra passato e futuro”.

“Caro Rettore, -riprende l’esponente azzurro- credo sia evidente che, nel contesto casertano, una così grande responsabilità non può essere né assunta né sostenuta come ‘seconda’ Università, in maniera cioè ‘anonima’ e‘subordinata’, senza fregiarsi di una propria firma e senza quindi una riconoscibile propria identità. In taluni casi, l’Università alloca la propria sede e definisce il proprio ‘marchio’ in base a principi di efficienza ed economico-finanziari, come farebbe qualsiasi azienda. Se questo fosse il modello della Sun, sarebbe certamente stucchevole la crescente attenzione che da tempo si va appuntando sulla questione del nome. Io credo invece che siamo tutti d’accordo sul fatto che la nostra Università risponde ad un concetto diverso, nella cui coerenza il bisogno di un nome, che certifichi la forza e l’irreversibilità del suo legame con il ‘nostro’ territorio e che la affranchi da ogni immagine di ‘vicariato’(fosse anche solo nominalistico) rispetto a Napoli, diventa chiaro ed urgente. Il nome, con i suoi corollari simbolici ed identitari, con le suggestioni che evoca, sembra dunque essere il tassello mancante per far guadagnare alla nostra Università una più sentita e partecipata legittimazione sociale, per porla così in completa simbiosi con i sentimenti dell’appartenenza e per ‘intestare’, ufficialmente (e finalmente), ai casertani non solo la loro Università ma anche la responsabilità collettiva della realizzazione dei loro progetti di riscatto”.

Da qui la proposta finale: “Su quale debba essere questo nome si sta da tempo discutendo serenamente ed apertamente, ma, purtroppo, senza esito alcuno. Sinora mi sono sottratto a tale esercizio, sebbene mi sia più volte intimamente interrogato sulla denominazione, già proposta e forse scontata, ma, in verità, densa di significati, di ‘Università di Terra di lavoro’; oppure, attualizzando la lungimiranza di quel Sovrano che alle falde dei Monti Tifatini seppe proiettare il sogno di una grandiosa reggia, su quella di ‘Università Carlo III’. Comunque, per evitare un’attesa ‘bechettiana’, caro Rettore, mi permetto di proporti di ‘ascoltare’ le voci ‘ufficiali’ del territorio, di incontrare cioè i sindaci ed il presidente della Provincia, per ricavarne suggerimenti e indicazioni da portare poi all’attenzione degli organi accademici. La consultazione referendaria della popolazione studentesca potrebbe, alfine, garantire un approdo armonioso e condiviso. Dal beneficio sociale che deriverebbe da questo ‘marchio’ casertano, la nostra Università trarrebbe non soltanto stimolo per ‘un’imprenditorialità’ scientifica e culturale più intensa e riconoscibile, ma anche una rappresentatività più forte, irrobustendo altresì il suo titolo per intervenire ancora più efficacemente, in nome proprio e per conto del territorio, sulle problematiche più pressanti della vita della Comunità provinciale, a partire dalla delicata questione del nuovo Policlinico, per passare a quelle del recupero ambientale e della realizzazione delle infrastrutture e per finire alla migliore valorizzazionedel nostro ‘oro bianco’”.

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