Napoli. I carabinieri di Palermo e della sezione operativa antifalsificazione monetaria di Roma hanno eseguito un provvedimento di fermo, emesso dalla Procura di Palermo, nei confronti di 12 persone accusate di associazione a delinquere finalizzata alla falsificazione, introduzione nello Stato e spendita di monete false.
Una vasta operazione realizzata nelle provincie di Palermo, Napoli, Salerno e Cosenza che fa luce su un’associazione criminale che si occupava dell’approvvigionamento e della distribuzione di monete metalliche contraffatte di altissima qualità che venivano importate dalla Repubblica popolare cinese.
Nell’ambito dell’indagine è stato eseguito il più importante recupero di monete false dall’introduzione dell’euro: è stato sequestrato, infatti, un container con 306 mila monete, da uno e due euro, per un importo complessivo di 556mila euro. Le indagini sono coordinate dal procuratore aggiunto Dino Petralia e dal pm Geri Ferrara.
La maxi inchiesta sugli euro falsi è scattata lo scorso aprile, nel corso delle indagini sull’omicidio di Massimo Pandolfo, imprenditore ucciso nel maggio 2013 coinvolto in un giro di prostituzione sessuale minorile. Nel corso delle indagini era emerso che le prestazioni sessuali offerte da un gruppo di minorenni venivano pagate con euro falsi.
Nel corso dell’inchiesta erano state sequestrate 190 monete da due euro, poi analizzate presso la Zecca dello Stato. I tecnici avevano stabilito che gli abili falsari sarebbero stati in grado di realizzare grosse quantità di monete, utilizzando lo stesso procedimento della Zecca.
Invece di ottenere i coni con il bagno galvanico per elettroerosione (tecnica sino ad ora riscontrata), i falsari hanno seguito la più elaborata tecnica della modellazione a mano con apposite matrici e con il chiaro intento di realizzare una sorta di produzione “a ciclo continuo”. Una tecnica simile è stata scoperta a Palermo, a di Torre del Greco, Como, Modena e a Malta.
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Lo scorso 23 settembre è stato sequestrato un container proveniente dalla Cina. Nel corso di una perquisizione effettuata in un magazzino in Poggiomarino (Napoli), sono stati trovati 306 tubolari di metallo, ognuno dei quali contenente mille monete da un euro e due euro per un importo complessivo pari a 556mila euro. Il locale era stato appositamente preso in affitto da un’azienda, creata ad hoc per l’importazione delle monete, effettivamente gestita da Huang Zhongming, primo punto di contatto in Italia con l’importatore Yong Zhuangxiao.
Le successive analisi svolte sulle monete da parte di una task force internazionale di esperti anticontraffazione provenienti da otto paesi dell’eurozona, individuati da Olaf attraverso il Centro Tecnico-Scientifico Europeo (Ctse), hanno permesso di comprendere che la produzione dei falsi è avvenuta con differenti lotti di coni utilizzati sino alla rottura.
L’indagine sugli euro falsi importati dalla Cina ha permesso di ritenere che il ghanese Seidu Abdulai, 45 anni, fosse il punto di riferimento a Palermo per l’approvvigionamento e lo smercio. Il leader dell’associazione criminale – secondo le indagini dei carabinieri, coordinate dal procuratore aggiunto Bernardo Petralia, e dai sostituti Calogero Ferrara e Claudio Camilleri – è Yong Zhuangxiao, che si trova nella Repubblica Popolare Cinese, mantenendo contatti diretti con la zecca clandestina, anch’essa in Cina.
Le monete arrivavano in Italia con alcuni corrieri: Huang Zhongming, Ren Yuping, Huang Yunrui, Huang Hanxia, Dino Stancato, Antonietta Merolla e Vincenzo Verdoliva, tutti residenti in Campania.
La base palermitana è costituita da Seidu Abdulai, Sarah Idehen Oduwa, Gaetano Di Maria, Giovan Battista Filippone. Le monete arrivavano a Palermo trasportate dentro piccoli trolley che viaggiavano sulle navi provenienti da Napoli.