Ragusa. Iniziano ad emergere diverse incongruenze nel caso Stival, che portano a credere che la madre del bimbo strangolato non abbia detto la verità.
La donna aveva dichiarato, sin da subito, di aver portato il figlio a scuola ma una verifica sul rilevatore satellitare della vettura testimonierebbe il contrario. Quella mattina di sabato 29 novembre, l’auto di Veronica Panarello, una Polo nera, non ha mai raggiunto l’istituto scolastico di Santa Croce Camerina. A confermarlo le telecamere di videosorveglianza della scuola che non mostrano l’auto nell’ora indicata dalla donna.
La giovane è uscita di casa alle 8.30 ed è ripresa dalle telecamere alle 8.40, quando lascia il figlio più piccolo alla ludoteca; ma nessuna traccia della sosta alla scuola di Loris. La donna sostiene di essere passata tra via Matteotti e piazza Unità dItalia per accompagnare il figlio maggiore, ma le immagini non mostrano il passaggio dell’auto in quel punto.
Troppe incongruenze nel racconto della madre, in cui ci sarebbe un buco di 15 minuti. In base a quanto riferito dagli inquirenti infatti, Panarello sarebbe uscita di casa alle 9.15 per raggiungere il corso di cucina. Il tragitto richiede una percorrenza di durata pari a 15-20 minuti, quindi la donna sarebbe dovuta arrivare all’incirca alle 9.30. Al corso invece giunge alle 9.55, dicendo: Scusate il ritardo ho avuto dei problemi.
Un altro particolare è poi emerso dalle indagini: la madre di Loris avrebbe consegnato alle maestre, lo scorso lunedì, delle fascette, insieme ad altri oggetti dell’alunno, che sarebbero compatibili con quella utilizzata per strangolarlo. Panarello le avrebbe date ad un’insegnante, recatasi in casa Stival per dare le condoglianze alla famiglia. Le ridò le fascette che Loris ha usato per il compito di scienze, avrebbe detto la donna, ma la preside smentisce l’utilizzo di quel materiale a scuola. Secondo quanto mi hanno raccontato le maestre -ha dichiarato -la mamma di Loris, quando sono andate a trovarla per farle le condoglianze, ha consegnato loro delle fascette che avrebbero fatto parte di un lavoro non concluso a scuola. Sono oggetti pericolosi e nessuno ne ha portate in aula, se non di nascosto.