Napoli “è una città più sicura di quanto normalmente viene diffuso dai media”. Francesco Musolino lascia l’incarico di prefetto di Napoli dopo quasi due anni e dice: “Scontiamo oggi un’immagine che secondo me non è allineata alla realtà”.
E cioè una città “sicura fino a un certo punto”, ma, dal suo punto di vista, questo “è frutto di una amplificazione di fatti negativi che ci sono e sono importanti, ma che coesistono con tante cose positive”.
“Sono arrivato nella fase finale della faida di Scampia – afferma – ricordi che tutti abbiamo drammaticamente freschi e, qualche giorno dopo il mio arrivo, ci fu l’omicidio davanti a una scuola”.
“Ce li siamo lasciati alle spalle – sottolinea – ma non bisogna dimenticare da dove siamo partiti per capire dove stiamo arrivando un po’ alla volta. Credo che ci siano ancora tante cose che vanno sviluppate e sarà fatto”.
I napoletani “meritano di vivere in un contesto di sicurezza, per quanto riguarda le mie competenze, assolutamente migliorato e ancora migliorabile”. E dei napoletani sottolinea la “capacità di vivere in una realtà che, molto spesso è difficile, ma è vissuta in maniera intelligente, anche geniale”.
Una capacità di “affrontare quotidianamente le difficoltà di una realtà che oggettivamente è articolata e complessa”. Musolino fa sapere di “lasciare con rammarico una città che ho trovato più splendida più di quanto non immaginassi”.
Il prefetto ha ringraziato le forze dell’ordine e l’autorità giudiziaria con cui “abbiamo lavorato in sinergia autentica, collaborazione reale”. Quella che chiama “la strada buona” è anche il “rapporto istituzionale forte e fitto, dell’ascolto e della capacità di interagire tra cittadini e istituzioni e tra le stesse istituzioni”.
“Credo che se Napoli avrà, come io sono sicuro possa avere, la forza di continuare un rapporto davvero costruttivo tra cittadini e istituzioni e tra istituzioni al loro interno – aggiunge – il futuro di questa terra potrà essere certamente sempre più roseo”. La terra dei fuochi? “Il commissario Cafagna ha saputo e potuto mettere insieme segmenti di competenza”, un lavoro “egregio”.
Se quelle competenze non fossero state messe a sistema, “in qualche modo sarebbero andate perdute”. È il momento del commiato. “Il mio successore? Non ha bisogno di suggerimenti”, conclude.