Milano – Prevenzione e controllo contro organizzazioni mafiose e terrorismo islamico sono le principali tematiche affrontate nell’inaugurazione del nuovo anno giudiziario, verso cui i magistrati milanesi dovranno prestare particolare interesse.
“Presenza e attenzione sarà riservata alla prevenzione e repressione di ogni forma di violenza di natura eversiva o terroristica o di matrice fondamentalista, che intenda profittare della portata internazionale di Expo 2015”, ha detto Giovanni Canzio, presidente della Corte d’appello di Milano, dando il via al dibattito tenutosi nell’Aula magna del Palazzo di Giustizia del capoluogo lombardo.
“In vista di Expo – ha dichiarato il presidente – lo Stato è presente e contrasta l’urto sopraffattorio della criminalità mafiosa, garantendo, nonostante la denunciata carenza di risorse nel settore giudiziario, la legalità dell’agire e del vivere civile”.
“Il fiorire di iniziative imprenditoriali collegate all’evento – ha proseguito – lascia presagire che per la criminalità organizzata si aprano, insieme con nuove e più ricche opportunità, impreviste criticità, a causa del conflitto latente fra le originarie regole delle ‘ndrine e i più ampi orizzonti di profitto. La presenza mafiosa al Nord deve essere ormai letta in termini non già di mera infiltrazione, quanto piuttosto di interazione-occupazione. Quanto alla ‘ndrangheta, in particolare, sarebbe ormai come una metastasi nel territorio lombardo”.
Affrontata anche la questione della trattativa Stato-mafia che Canzio ha commentato dichiarando: “È mia ferma e personale opinione che questa dura prova si poteva risparmiare al capo dello Stato, alla magistratura stessa e alla Repubblica Italiana”.
Il percorso delineato dal presidente ha attraversato i processi Eternit e Ruby, per i quali ha detto: “L’opinione pubblica ha espresso sentimenti di diffusa indignazione per le recenti decisioni di proscioglimento, pronunciate in taluni casi dalle Corti di appello e dalla Corte di cassazione, come Cucchi, Berlusconi, gli scienziati e il sisma aquilano, Eternit”.
Infine, ha concluso il discorso mostrando il proprio sconcerto verso “gravi eventi contestati e rimasti impuniti” e ha elogiato il lavoro dei giudici italiani, che “pure in condizione di stressante impegno lavorativo e talora in un clima ingiustificato di delegittimazione o addirittura dileggio, dimostrano spirito di sacrificio, senso del dovere, equilibrio, riservatezza”.
Orlando: “La crisi sociale e l’indebolimento della struttura statale rende quest’ultima sempre più fragile di fronte agli interessi particolari che la condizionano e ai poteri illegali che la insidiano. In un Paese come il nostro – ha detto il ministro della Giustizia – caratterizzato dalla storica presenza di potenti organizzazioni criminali, la prostrazione dei corpi intermedi e delle istituzioni apre spazi crescenti ai fenomeni criminali in ambito economico, sociale e politico. La criminalità organizzata non ha più le forme tradizionali e la tradizionale collocazione geografica circoscritta ad alcune regioni del sud Italia. Si è espansa, ha cambiato forme e metodi mimetizzandosi nei contesti in cui si sviluppa. Si confonde e si sovrappone alle reti collusive che avvolgono le pubbliche amministrazioni”.
Dura la critica del segretario nazionale dell’Anm, Maurizio Carbone a Bari: “Respingiamo fortemente questa idea demagogica che il problema della giustizia siamo noi magistrati e non di chi intasca le tangenti. Ci sono riforme banalizzate con slogan che ancora una volta hanno messo al centro del problema noi magistrati, attribuendoci colpe che non sono nostre per nascondere l’inadeguatezza di queste riforme. I magistrati esprimono assoluta insoddisfazione. Le risposte noi con le sentenze e con le indagini le stiamo dando – ha continuato Carbone – siamo primi in Europa per produttività nel settore nella giustizia penale e secondi per smaltimento di cause civili, ma abbiamo il dovere di dire che alcune riforme non sono all’altezza della situazione. Non ci possiamo più permettere una prescrizione, soprattutto per i reati di corruzione, che parta dal momento in cui si commette il fatto per tutti e tre i gradi di giudizio. Questo significa non avere una risposta di giustizia. Noi chiediamo che i termini di prescrizione vengano sospesi con l’inizio del processo di primo grado o almeno dopo la sentenza di primo grado”.
Sabelli, dell’Anm milanese aggiunge: “Siamo i primi a volere le riforme ma ci vuole coerenza, agli annunci devono corrispondere i fatti. Il dibattito sulla giustizia è ancora troppo pieno di pregiudizi. I magistrati non si chiudono in una forma corporativa e non rifuggono dal principio di responsabilità ma l’approccio del governo non è stato sufficientemente meditato. Se il testo sulla responsabilità civile è stato purificato da aspetti che avrebbero leso il principio di indipendenza della magistratura, restano ancora degli aspetti di un approccio non attento contro l’eliminazione del filtro di ammissibilità e l’introduzione della categoria del travisamento del fatto e delle prove. Il tema della responsabilità civile è sempre fondamentale ma non può essere mortificato attraverso soluzioni che non tengono conto della giurisdizione e della compatibilità con il principio di indipendenza e autonomia dei magistrati”.
Presenti alla cerimonia anche l’ex premier Mario Monti, il cardinale Angelo Scola, il sindaco Giuliano Pisapia e l’ex sindaco Gabriele Albertini, il governatore Roberto Maroni, il prefetto Francesco Paolo Tronca e i vertici delle forze dell’ordine.