Jovanotti su Vanity Fair: “Per emergere ero originale”

di Emma Zampella

“Ero un ragazzino cicciottello, goffo, inetto negli sport. Non avevo i soldi per comprare le scarpe giuste e la cintura giusta. Per emergere facevo l’originale”.

Si racconta così Lorenzo Jovanotti a Vanity Fair, la rivista che gli ha dedicato la copertina in vista dell’uscita del suo nuovo album. Un disco che ha come apripista il brano “L’alba è già qui”, siglato un po’ come il manifesto degli anni che l’Italia sta vivendo. E in “Lorenzo 2015 CC” c’è ancora una volta uno spaccato della società moderna, vista alla maniera del cantautore.

Un ottimismo che fa bene quello del ragazzotto toscano, un ottimismo che quasi contagia, ti avvolge e ti fa credere che davvero l’alba che arriverà sarà migliore dell’ultimo tramonto.  “C’è ancora un margine/ per cominciare a vivere/ con gli sguardi che si incrociano a metà/ nello spazio della dignità:/ l’alba è già qua”, canta Lorenzo. E ancora: “Non si può tornare indietro/ nemmeno di un minuto/ è la regola di questo gioco/ puoi tentare di salire di livello/ o restare dove sei/ come carne da macello/ nelle mani del tecnocrate di turno”. Una positività che non copre gli occhi, ma che fa scorgere i giusti errori.  Una cosa che secondo lui si deve correggere, per esempio, è la litigiosità della politica italiana, dal “Pensa ai bambini italiani” gridato in Parlamento a Renzi che ricordava i 145 scolaretti uccisi in Pakistan all’ultima becera polemica su Greta e Vanessa. “È passato il concetto che mostrare un nemico al tuo elettorato sia più efficace che mostrargli delle idee – dice Lorenzo – La tifoseria fa volare basso: porta voti, ma non migliora la vita delle persone. (…) Ricordo la volta che commisi l’erroe di andare da Vespa a criticare la guerra in Afghanistan e lui mi fece trovare sotto un fuoco incrociato: Sgarbi mi dava del fascista, la Annunziata del sessista (per aver messo nel testo di Salvami un riferimento a Oriana Fallaci, “giornalista che ama la guerra perché le ricorda quando era giovane e bella, ndr). Fortunatamente le nuove generazioni sono meno ideologiche, abboccano meno a questa logica del distruggi a prescindere, una logica cinica e vecchia. (…) Brutto è quando questo succede in un contesto (la politica e le istituzioni, ndr) in cui, invece, chiedi la serietà, la pretendi perché la paghi con le tasse. Ma neanche Renzi deve perdere tempo a parlare dei ‘gufi’. Noi tutti siamo più di questa cosa qui, del “chi è il nemico del giorno’”.

Una speranza, quella di Jovanotti, ancorata molto anche a Renzi, “un premier che ha otto anni meno di me: figata. Credo davvero che abbia in mano un’occasione unica per cambiare le cose. Questa occasione però non durerà in eterno. Il Paese riparte se la gente ha la sensazione che possa ripartire, ma per dare questa sensazione non si può solamente dirle le cose, bisogna farle, con il coraggio di mettere in moto cambiamenti scomodi, drastici. La persona è intelligente e credo davvero che voglia cambiare le cose. Mi ha inquietato la faccenda della “manina” (il decreto che avrebbe l’effetto di annullare la condanna di Berlusconi per frode fiscale, ndr), perché non è la mia sinistra quella che pensa di poter fare quello che vuole, e il problema in Italia è proprio che il potere ti fa credere di poter fare quello che vuoi: è allora che rischi di non fare niente. Non fare niente ti può garantire di rimanere lì vent’anni, e mi fa paura pensare che chiunque possa restare lì vent’anni semplicemente perché non c’è alternativa. Non è bello che non ci sia alternativa, ma l’alternativa non può essere la xenofobia, il far leva sulla paura, il distruggere, perché quelle non sono visioni, sono solo pulsioni. (…) C’è in atto un passaggio di consegne, una guerra di visioni del mondo, una generazione che deve cedere il passo alla giovane, e non è detto che la giovane sia migliore in assoluto, ma lo è per il fatto di portare novità. Finalmente nel presepe abbiamo comprato le statuine nuove, non c’è più quel pastore che era lì da quarant’anni. Ora speriamo che cambi anche la storia”.

Un’alba, che, insomma, arriva anche quando noi non verremmo che arrivasse, ma che ci invita a prepararci al meglio al suo arrivo, ad essere pronti ad una nuova venuta, ad un nuovo giorno.

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