Aversa – “Siamo tornati 30 anni indietro. Questo non significa più essere in un ospedale, fare in modo di essere utile ai pazienti. Non ci si può chiedere di continuare a lavorare in questo modo, con barelle ovunque, con malati anche gravi”.
A parlare non è, come si potrebbe credere, un esponente del Tribunale del Malato o qualche familiare di pazienti ricoverati presso il pronto soccorso, ma gli stessi addetti al reparto – trincea dell’ospedale San Giuseppe Moscati di Aversa. Una situazione questa del nosocomio normanno che da queste colonne è stata denunziata più volte, ma la situazione sembra non cambiare. Ogni giorno (e ogni notte) si assiste alla desolante visione di pazienti ricoverati sulla barelle che nessun ospedale vuole per mancanza di posti a cominciare, ovviamente, dallo stesso ospedale di Aversa.
Una constatazione che non trova d’accordo, però, gli addetti che, non potendo rilasciare, a causa di una norma interna, dichiarazioni alla stampa pena l’adozione di provvedimenti disciplinari nei loro confronti, chiedono di rimanere di rimanere nell’anonimato.
Sono proprio loro, infatti, ad evidenziare che, a fronte di persone presenti presso il pronto soccorso sulle barelle, ci sarebbero situazioni poco chiare tanto da affermare: “Ci sono pazienti di serie A e pazienti di serie B. A fronte di persone ferme sulle barelle assistiamo al tranquillo ricovero di pazienti ‘griffati’, solo per loro c’è il posto assicurato, gli altri si arrangino pure. Abbiamo un nigeriano che necessita di un intervento urgente, ma nessuno lo vuole, siamo in seria difficoltà. Non è questo il prestare assistenza che ci hanno insegnato”.
In maniera specifica per il Moscati, poi, c’è chi evidenzia come la situazione sia precipitata dopo che è stato di fatto abolito il reparto di medicina d’urgenza
Insomma, una situazione, come sempre, al limite, in relazione alla quale, qualche giorno fa era intervenuto anche il direttore sanitario del Moscati, Mario Borrelli, che aveva dichiarato: “La situazione del nostro nosocomio non è dissimile a quella degli altri ospedali della provincia di Caserta. E’ vero, siamo pieni di lavoro e non sappiamo più dove ricoverare i pazienti. Ho interpellato il 118 per una verifica e mi è stato riferito che la provincia è letteralmente ingolfata ed il problema, non ho timore di dirlo, è più grande di noi. Non dobbiamo mai dimenticare che nei posti letto del casertano sono conteggiati anche quelli in dotazione all’università, nonostante oggi non si sa ancora se e quando si farà. Da parte nostra non possiamo fare altro se non quanto tutto il personale sta facendo in questi giorni: lavorare in maniera estrema, sperando che qualcosa cambi, ma si tratta di un qualcosa che non dipende da noi”.