Espropri Impreco, il Consiglio di Stato respinge l’appello della Regione

di Antonio Taglialatela

Gricignano – L’annosa vicenda del consorzio “Impre.co” si arricchisce di un nuovo capitolo. Il Consiglio di Stato, infatti, ha respinto l’appello della Regione Campania contro la sentenza del Tar che aveva dichiarato la nullità dei decreti dirigenziali riguardanti la procedura di esproprio sanante limitatamente alla quantificazione delle somme da corrispondere ai proprietari dei fondi a titolo risarcitorio.

Si tratta di un tassello giudiziario sviluppatosi nell’arco del 2014. Alcuni proprietari, dopo aver vinto in ogni grado di giudizio contro la Regione e il consorzio Asi di Caserta (anche alla Corte Costituzionale in ordine a dei pareri di legittimità dei provvedimenti regionali, nda.), aveva chiesto e riottenuto, almeno formalmente, la restituzione dei terreni espropriati nel 2002 per la realizzazione del complesso industriale situato tra Gricignano e Carinaro. Altri proprietari, invece, avevano ottenuto dal tribunale la nomina di un consulente tecnico per la valutazione del valore dei terreni. Valore che, per i proprietari – ed è questo il principale nodo di tutta la vicenda – deve essere quantificato in base alle direttive europee, quindi sul reale prezzo di mercato, e non alle tabelle della Regione sulla scorta delle quali era stata avviata nel 2014 la procedura di esproprio sanante. Procedura, quest’ultima, nata soprattutto dalla difficoltà di restituire, ai proprietari che ne avevano fatto richiesta, i terreni sui quali erano già stati realizzati dei capannoni industriali.

Da qui la nuova istanza dei proprietari e il successivo ricorso della Regione al Consiglio di Stato che ha ritenuto legittimo l’esproprio sanante ma non la quantificazione del valore dei terreni.

Ora la palla passa alla nuova giunta regionale che si insedierà dopo le prossime elezioni in Campania: ad essa il compito di trovare i fondi per pagare i proprietari al giusto prezzo di mercato.

La vicenda Impre.co inizia nel lontano dicembre del 2000, quando il ministero del Bilancio e della Programmazione economica sottoscrive con il consorzio, composto da diverse decine di imprenditori operanti nei diversi settori della moda, un contratto di programma per creare una filiera del sistema moda sulla falsariga di quanto già stava avvenendo con il consorzio “Unica”, situato dinanzi all’area Impre.co, che aveva dato vita alla filiera delle calzature.

L’impresa, però, non parte subito, per le resistenze dei proprietari che chiedono il pagamento al valore “industriale” e non “agricolo” dei loro terreni. L’allora giunta regionale guidata da Bassolino emana, nella primavera del 2002, un decreto di esproprio, autorizzando il consorzio Asi di Caserta “ad occupare, in via temporanea ed urgente, le aree necessarie alla realizzazione dell’intervento previsto dal contratto di programma”. I proprietari si oppongono e ne nasce anche uno scontro con la polizia che, in tenuta antisommossa, scorta i tecnici dell’Asi per occupare i terreni.

Parte, quindi, una serie di ricorsi e appelli al Tar, Consiglio di Stato, magistratura ordinaria e anche alla Corte Costituzionale che boccia la legge regionale di proroga dei piani regolatori delle Asi (Aree di Sviluppo Industriale) e, di conseguenza, il Consiglio di Stato (organo che, sospendendo il giudizio, aveva chiesto il parere alla Consulta) dichiara illegittima l’intera procedura di esproprio.

Intanto, l’insediamento industriale sorge solo sulla parte del territorio di Carinaro mentre su quello di Gricignano, come ancora oggi si può notare, tra capannoni finiti e inutilizzati o mai realizzati, sembra un paesaggio post-atomico. Inizia una fase di stallo fino al 2014 quando la Regione “inventa” l’esproprio sanante ma con valori da pochi euro al metro quadrato. Ora, a fronte dell’ennesimo ricorso perso dinanzi alla magistratura amministrativa, l’auspicio dei proprietari è che la Regione comprenda una volta per tutte che l’unica via d’uscita è quella di trovare i soldi per pagarli.

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