Marsiglia – Continuano le indagini sul caso Airbus 320. Emergono nuovi raccapriccianti particolari grazie alle dichiarazioni rilasciate al settimanale tedesco Bild dell’ex di Andreas Lubitz (copilota e fautore consapevole della tragedia).
La ragazza, una hostess nota solo come Mary W, ha dichiarato che Lubitz le avrebbe detto “un giorno farò qualcosa che cambierà l’intero sistema, poi tutti sapranno il mio nome e lo ricorderanno”. E ha riferito che un anno fa, quando ascoltò queste parole, non ne aveva compreso il senso.
Dei particolari inquietanti che rivelano il già delicatissimo stato psichico di Lubitz un anno prima della strage. Una personalità debole che aveva dovuto fronteggiare il sogno infranto di diventare capitano e pilota di voli a lungo raggio per Lufthansa, proprio a causa di quella depressione che lo porterà a suicidarsi e ad uccidere 149 persone.
Lubitz, inoltre, si lamentava spesso, secondo Mary, delle eccessive ore di lavoro e della paga iniqua. “Sentiva troppa pressione” ha aggiunto. Il timore di non poter più volare era diventato un’ossessione, soprattutto, quando aveva ricevuto la notizia di una verifica, a metà giugno, delle sue condizioni di salute per ottenere un prolungamento dell’idoneità al volo.
Alla luce di ciò, si infiammano le polemiche. Le famiglie delle vittime chiedono delucidazioni e risarcimenti alla compagnia Germanwings, inoltre, l’opinione pubblica pretende controlli più severi con continue visite psichiche sui piloti e l’obbligatorietà della presenza di almeno due persone nella cabina pilotaggio (Alitalia, ad esempio, ha già predisposto quest’ultima misura).
Se Lubitz è passato alla storia è solo per mostrare la fragilità di una macchina imperfetta, quella umana, difficilmente controllabile e per spiegare alle generazioni che verranno che la follia dell’uomo è più grande anche di quello stesso cielo in cui volava l’Airbus 320. “Ebbe un incubo, una volta”, ha dichiarato Mary. “Nel sonno” – quasi come in un presagio – “urlò: stiamo precipitando!”.