Aversa – In tanti vi sarete chiesti come si è conclusa la storia di Adele Iavazzo, la cittadina aversana affetta da Mcs e costretta alla solitudine da oltre 4 anni.
Possiamo dirvi che la sua vicenda non si è conclusa. Adele non ha più avuto la forza di combattere. E lei di coraggio ne ha da vendere. Le istituzioni. per l’ennesima volta, le hanno voltato le spalle, abbandonandola al suo destino.
L’ultima speranza si è spenta con l’esito negativo di un processo che ha definito la sua una malattia “psicosomatica”, patologia che in altre regioni italiane e in molti Paesi del mondo è invece riconosciuta a tutti gli effetti. Dichiarazioni di pazienti sottoposti a cure adeguate che testimoniano miglioramenti; ricerche del professor Giuseppe Genovesi da sempre in prima linea per combattere l’ignoranza nei confronti di tale patologia; e test medici che evidenziano l’impazzire delle cellule nervose quando l’individuo malato viene a contatto con sostanze che provocano allergie, a differenza delle cellule di una persona sana che non subiscono alterazioni. Tutto ciò non è servito a nulla.
Il giudice non ha permesso che la grave situazione in cui riversa Adele venisse presa realmente in considerazione. L’ultima spiaggia potrebbe essere l’appello contro la decisione del giudice di dar ragione all’Asl. Eventualità su cui Adele sta riflettendo.
A questo punto vi chiederete: come è possibile che nessuno intervenga per aiutare una ragazza gravemente malata che vive con il timore che ogni nuovo giorno possa essere l’ultimo?
E’ quello che ci chiediamo anche noi e che si chiede Adele, che siamo riusciti ad intervistare anche seppur virtualmente.
“Il processo rappresenta una nuova beffa per te, puoi raccontarci che cosa è successo e chi è colpevole del tuo aiuto mancato?”
“Ebbene si, mi hanno ancora una volta condannata, ma stavolta definitivamente. Questo è l’ultimo capitolo della mia triste storia. Vi dico che la lista dei colpevoli è lunga, e con questa sentenza si arricchisce ulteriormente. Personalmente ho bussato alle porte di tutti coloro potevano aiutarmi, potrei citare il Papa Francesco, Renzi, Napolitano ecc… Ma queste sarebbero solo alcune delle persone che hanno fatto finta di non sentirmi. Nel mio caso c’è stato un disinteresse totale. Nessuna Istituzione nè a livello nazionale, e nemmeno quelle locali si sono realmente interessate a me”.
“Come è possibile che la Ctu che è venuta a farti visita abbia dichiarato la tua una malattia psicosomatica?”
“Ho avuto una Ctu sfavorevole che mi ha inchiodata definendomi “malata psicosomatica” e non in pericolo di vita. In realtà, il professore che mi ha vista, colui che ha il “merito” della mia perizia negativa e del rigetto del mio ricorso, ha avuto modo di vedere lui stesso che non avevo forza di parlare il giorno della visita, nonostante per avere più energie avessi fatto colazione con carne e pasta. Quando lui stesso con la sua collega mi ha aiutato a reggermi in piedi per potermi visitare le spalle, quando con i suoi occhi ha visto le mura della mia stanza piene di muffa e umidità perché non posso mai aprire e non tollero riscaldamenti. Quando, avendomi trovata con sciarpa e cappello, mi ha toccata per visitarmi e mi ha chiesto se avessi sempre il corpo così gelato, e sempre lui stesso confrontandosi con il Professore Genovesi ha parlato di probabili terapie future per la Mcs in Italia, e soprattutto prima che andasse via, ha detto al professore, che i miei sintomi non erano di natura psicologica”.
“Per il consulente tecnico d’ufficio quindi non saresti in pericolo di vita. Puoi spiegarci quali sono le tue attuali condizioni di salute?”
“Ma come si può definire non in pericolo di vita una persona che da 4 anni mangia solo 4 alimenti (4 di numero) e che nn può prendere vitamine o integratori? Ma come si può? Non posso prendere neppure nessun farmaco per nessuna delle altre patologie che ho e che intanto avanzano e mi stanno peggiorando sotto altri aspetti. Un giudice che non ha tenuto conto di nulla, nemmeno di malati che a differenza mia sono riusciti a migliorare la propria condizione di vita grazie a queste terapie che fanno all’estero, terapie che a me sono state negate. Un giudice che non ha tenuto conto delle letterature scientifiche dalle quali si evince che è una patologia organica. E allora che altre speranze posso avere io? L’unica mia colpa è di essere affetta da una malattia che quasi nessuno vuole ammettere che esista, perché è scomoda! Tutto ciò però solo in Italia, dove noi Mcs siamo “pazzi”, ma se vivessimo in altre decine di nazioni diverse saremmo “affetti” da Mcs! Ed è proprio grazie all’Italia e ai medici italiani che la mia diagnosi è arrivata quando ero già in una fase avanzata della patologia.”
“Che cosa vuoi dire alle persone che leggeranno?”
“Vorrei che le persone sappiano che non sono forte come spesso in molti mi scrivono sui social. No, è solo che non volevo arrendermi, perché avevo voglia di vivere. Tutto qui. Si, voglia di vivere nonostante patisca disagi: la fame, il freddo, il caldo, la solitudine,la paura di non farcela, i dolori, la sofferenza, le notti insonni passate a piangere da sola, l’indifferenza di tutti”.
“Sei costretta alla solitudine da oltre quattro anni, che cosa significa essere soli in una situazione così difficile?”
“Forse quando le persone leggono che sono sola pensano che lo sia in senso figurato. No, io sono sola per davvero! A volte desidero persino qualcuno che mi regga la fronte quando vomito, perché lo sforzo è così forte per il mio fisico che mi pare di morire. Non è facile. Da mesi non posso più fare neppure uso del cellulare, unico mezzo di comunicazione che avevo, perché purtroppo le onde magnetiche mi ustionano il corpo a partire dal cuoio capelluto. Continuo ad andare avanti nonostante quasi tutti i giorni mio fratello Giuseppe debba venire nel retro della mia abitazione a frullarmi la carne per potermi far mangiare perché purtroppo ho carie ai denti che non posso curare, la mia masticazione è limitatissima e non posso utilizzare io stessa frullatori perché mi fanno malissimo, e se non fosse per lui avrei già smesso di alimentarmi. Vado avanti nonostante altre mille difficoltà, perché mi dicevo che tutti questi sacrifici prima o poi sarebbero valsi a qualcosa. Sacrifici e altri disagi che per troppo pudore mi vergogno persino di raccontarvi. Ma oggi una parte di me è totalmente avvilita e arresa.”
“Al di là dei disagi procurati dalla malattia, come persona e soprattutto come cittadina costretta a subire tante porte chiuse in faccia, come ti senti?”
“La delusione è tanta, lo sconforto pure, e soprattutto ormai non vedo più nessuno spiraglio di luce. Ho fatto tutto quello che potevo, tutto quello che dovevo, non si può dire di certo lo stesso di chi avrebbe potuto e ha fatto finta di non vedere. La colpa non so di chi è, di certo non è mia, né di mio fratello che per questi lunghi mesi ha cercato di sostenermi in tutto e per tutto, districandosi tra lavoro e famiglia e mettendo da parte sè stesso per me, prendendo direttive da me scritte su fogli di carta a matita perché io forza di parlare non ne ho più. Credetemi è dura, tanto dura. Non ho nessun aiuto in casa, ci sono solo io con me, che bado a me stessa ormai solo per lo stretto indispensabile e non sempre riesco. Provo quasi vergogna ad essermi raccontata un pò a voi oggi, anche se sono consapevole di aver trasmesso forse solo il 30% di quello che vivo e sento. Sono impotente come la maggior parte degli ammalati “invisibili”, che lo stato, la famiglia, gli amici, finge di non vedere né sentire. Siamo ammalati scomodi per tutti! Ben venga chi ha ancora la forza fisica per combattere per sè stesso e per noi altri. Forse se fossi stata malata di mente sarebbe stato meglio, mi sarebbero venute meno le forze mentali e forse sarei già crollata psicologicamente facendola finita, e invece nonostante tutto mi sento sin troppo lucida, lucida a tal punto che sono consapevole che mi hanno condannata ad una morte lenta perché dovrò vivere consumandomi ingiustamente fino alla fine. Nel mio percorso ho incontrato tanti esseri umani che potevano aiutarmi, ma nessun essere umano è stato realmente “umano” con me!”.
Le istituzioni, la Chiesa, lo Stato, i “potenti” del Paese, coloro che dovrebbero tutelare il popolo, non stanno adempiendo al loro compito. Lo dimostrano le richieste di aiuto inviate al Comune, alla Regione, al Papa, al premier Renzi e a molti altri che hanno creato solo un passamano di responsabilità sfociato in rifiuti e silenzi.
Adele è una ragazza come tante, che meriterebbe un minimo di supporto. Lo Stato italiano dovrebbe garantirle almeno la possibilità di potersi curare invece di negarle l’aereo speciale di cui ha bisogno per raggiungere Dallas, dove potrebbe essere assistita adeguatamente.
Adele potrebbe essere vostra figlia, sorella, nipote, madre, zia, amica. La malattia non sceglie chi colpire e se un vostro familiare fosse nelle condizioni in cui è lei adesso sicuramente vorreste tutto l’aiuto possibile. Un aiuto che non dovrebbe essere chiesto ma dovrebbe rappresentare un diritto del cittadino. Le istituzioni, con il loro atteggiamento, hanno dimostrato che Adele come cittadina non ha più diritto alla vita.