Origini biologiche, il comitato chiede “una nuova e buona legge”

di Giuseppe Della Gatta

Roma – Far parte degli oltre quattrocentomila italiani adottati significa essere coscienti del fatto che almeno una volta nella vita sia capitato di porsi la fatidica domanda su quali fossero le proprie origini oppure chi siano i propri genitori. A queste domande, a questi dubbi, che a volte celano storie profonde, di casi complessi e articolati, cerca di dare una risposta il Comitato nazionale per il diritto alla conoscenza delle origini biologiche.

Molte di queste storie s’intrecciano dando vita ad altre storie degne dei migliori romanzi, queste storie hanno però l’obbligo di una risoluzione e di un aiuto da parte dello Stato; ed è quello che cerca di fare il Comitato tramite la persona della professoressa Anna Arecchia che da anni si batte per un cambiamento della normativa vigente sull’accesso ai dati sulle informazioni relative ai genitori naturali.

Il Comitato lo fa attraverso una lettera indirizzata ai componenti della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati.

“Onorevole Presidente e Onorevoli Componenti della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, in questi anni ci avete ascoltato, letto, conosciuto; a Voi abbiamo portato le nostre riflessioni, e rivendicazioni; nelle Vostre mani affidato il futuro nostro benessere psicofisico e della qualità della nostra vita.

Siete, dunque, pienamente consapevoli di quanto grande e profonda sia l’esigenza di quei quattrocentomila italiani adulti, che attendono, con grande trepidazione, che sanciate il loro diritto alla conoscenza delle proprie orgini e della personale storia di vita: dall’inizio, e senza più zone oscure, spazi segreti e vuoti di informazioni storiche, sanitarie, e genetiche, destinati a diventare altrettanti vuoti esistenziali che li penalizzano, come la legge attuale prevede, fino ai loro cento anni.

A poche ore dalle conclusioni del vostro attento lavoro Vi chiediamo, ancora una volta, non solo una nuova Legge, ma una buona Legge, che recepisca il rinvio al legislatore espresso dalla Corte Costituzionale con Sentenza n. 278/2013 circa la determinazione delle modalità attraverso le quali assicurare ai figli adottivi non riconosciuti alla nascita il diritto di accesso alle informazioni sulle proprie origini, e, nel contempo, le accorate istanze a voi rappresentate da migliaia di figli adottivi che, finalmente, vedono riconosciuto i loro diritti dalla citata Sentenza, e sperano di poterli esercitare attraverso una legge dello Stato, recuperando il lunghissimo tempo trascorso.

In particolare Vi chiediamo di permettere all’adottato che abbia compiuto i diciotto anni di età, di fare richiesta al tribunale per i minorenni onde questi richieda alla madre biologica il consenso al superamento dell’anonimato, nelle forme che riterrete più idonee, e che lo stesso tribunale, mediante notifica, sia tenuto ad informare l’interessato dell’avvenuto svolgimento del procedimento relativo alla ricerca delle informazioni richieste nonché dell’esito conseguito e, in caso di esito negativo, fornisca all’adottato le informazioni circa le motivazioni del proprio abbandono, l’esistenza in vita del padre e di eventuali fratelli e sorelle. E infine che, nell’ipotesi in cui i genitori biologici risultino deceduti, irreperibili, o incapaci di intendere e di volere, il tribunale per i minorenni su richiesta dell’ adottato, proceda direttamente ad acquisire le informazioni ed a notificarle all’interessato.

In ogni caso, onde sanare la situazione di quanti siano nati dagli anni trenta ad oggi, ed in particolare in un periodo storico dove vigevano valori, consuetudini e costumi diversi, ed era diffusa la mancanza di una normativa chiara ed uniformemente applicata in tutto il nostro paese, si permetta, almeno in via transitoria, che l’adottato, al raggiungimento del quarantesimo anno di età, possa accedere liberamente ad ogni informazione riguardante la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici ed altrettanto possano fare il loro discendenti”.

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Redazione
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