Riforme, ok della Camera: tensione nel Pd, si spacca Fi

di Redazione

Roma – La Camera ha approvato in seconda lettura le Riforme costituzionali che ora tornano in Senato: 357 i sì e 125 i no al ddl Boschi, che contiene la revisione del Titolo V e la trasformazione dell’attuale Senato in una Camera delle Regioni. Soddisfatto Renzi, che ritwitta i cinguettii dei componenti del suo governo e aggiunge: “Un Paese più semplice e più giusto”. Poi, su Facebook, precisa: “C’è ancora molto da fare, lo sappiamo. E lo faremo. Ma  intanto qualcosa si muove. E nell’Italia che era immobile da anni già questa è una notizia. Forza, che è davvero la volta buona”.

Nel Pd la sinistra ha votato a favore, ma in un clima di tensione. Sono otto i deputati che non hanno partecipato al voto (Francesco Boccia, Giuseppe Civati, Stefano Fassina, Ferdinando Aiello, Paola Bragantini, Massimo Bray, Luca Pastorino, Michele Pelillo) e 3 gli astenuti (Angelo Capodicasa, Carlo Galli e Guglielmo Vaccaro). Insoddisfazione anche da parte dei deputati dem Gianni Cuperlo, Rosy Bindi e Alfredo D’Attorre, che hanno ammonito che se non ci saranno modifiche al testo, questo sarà il loro ultimo sì. E va oltre Pier Luigi Bersani: “Il Patto del Nazareno non c’è più, non si dica che non si tocca niente. O si modifica in modo sensato l’Italicum o io non voto più sì sulla legge elettorale e di conseguenza sulle riforme perché il combinato disposto crea una situazione insostenibile per la democrazia”.

Ed è un vero e proprio strappo quello che si è consumato all’interno di Forza Italia. Il partito, come annunciato da Brunetta, e chiesto da Berlusconi, ha votato no ma attraverso un documento 17 deputati hanno espresso il proprio “disagio” verso la linea del partito. “C’è deficit democratico” hanno scritto in una lettera indirizzata all’ex premier nella quale hanno parlato di voto contro il ddl “non per disciplina di gruppo ma per affetto e lealtà” nei confronti del leader. Poco prima, dagli scranni di Montecitorio, era stato il capogruppo del partito Renato Brunetta a motivare il no di Forza Italia e a lanciare il suo j’accuse nei confronti di Matteo Renzi: “Lei, signor presidente del Consiglio che non c’è, ha tradito la nostra fiducia, per il potere. Per questo questa riforma si è trasformata in un fantasma che si aggira nella nostra democrazia, una democrazia trasformata in una democratura”. Rotondi ha invece scelto di votare sì.

E, attraverso una nota, interviene Silvio Berlusconi che dice “no ai protagonismi” e no alle “cassandre”, perché il partito, afferma “è unito”. In ogni caso, ribadisce, “noi a abbiamo rispettato i patti fino in fondo, altri non possono dire lo stesso”.

Ha votato no anche la Lega Nord, che con Bragantini ha affermato: “State facendo una riforma inconcepibile che non funzionerà. Per questo siamo contrari”. Una riforma così, ha aggiunto – è stata fatta con una prova muscolare, e questo è inaudito, un fatto molto triste”.

M5S è invece uscita dall’Aula. No del Movimento al “tentativo di rovina della Costituzione imposto con metodi fascisti” ha detto in dichiarazione di voto finale sulle riforme il deputato 5 stelle, Danilo Toninelli.

Hanno infine votato a favore delle riforme costituzionali Pd, Ap, Per l’Italia, Scelta civica e Minoranze linguistiche; hanno votato contro Forza Italia, Lega, Fdi-An, gli ex 5 stelle di Alternativa Libera e Sel (che ha protestato mostrando all’Aula una copia  della Costituzione Italiana). Il testo ha superato quindi la prima lettura di Senato e Camera ma essendo un ddl costituzionale ora dovrà tornare a Palazzo Madama per l’avvio dell’iter della seconda lettura, come prevede l’articolo 138 della Costituzione.

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