Mancano molti mesi alla 72esima Mostra del Cinema di Venezia, in programma al Lido dal 2 al 12 settembre prossimi, ma i lavori in vista della kermesse sono già cominciati. Annunciata, infatti, la scelta relativa all’assegnazione del Leone d’Oro alla carriera, che quest’anno andrà al 73enne cineasta francese Bertrand Tavernier, uno degli esponenti di maggiore spicco della Settima Arte d’Oltralpe.
In concorso per ben due volte nella manifestazione veneziana, nel 1986 con il musicale “Round Midnight- A mezzanotte circa” (premiato con l’Oscar all’indimenticabile colonna sonora) e nel 1992 con il poliziesco “Legge 627”, ha ricevuto a Berlino l’Orso d’Argento nel 1974 per il lungometraggio d’esordio “L’orologiaio di Saint Paul” tratto da un best seller omonimo di Georges Simenon, e nel 1995 il massimo riconoscimento, ovvero l’Orso d’Oro, per il thriller “L’esca”. Nel 1984 ha, invece, trionfato quale miglior regista a Cannes grazie all’autobiografico “Una domenica in campagna”.
La decisione di attribuire l’ambito trofeo al regista francese è stata presa dal Consiglio di Amministrazione della Biennale presieduto da Paolo Baratta su proposta del direttore della Mostra Alberto Barbera, il quale lo ha definito “anche un appassionato critico cinematografico, caratterizzato da uno spiccato gusto antiaccademico e da una predilezione per la scoperta e la rivalutazione di artisti sconosciuti”.
Tavernier, a differenza di altri destinatari del premio alla carriera, sarà molto attivo nell’ambito della rassegna selezionando alcuni suoi titoli da presentare nella sezione “Venezia Classici” e introducendoli al pubblico, prima della proiezione, in veste di Guest Director della sezione stessa.
Figlio di uno scrittore, ha condiviso, negli anni Sessanta, con tutti i principali esponenti della Nouvelle Vague, Truffaut, Chabrol, Godard tra gli altri, la passione per il cinema americano, studiato e analizzato a fondo sia in qualità di critico delle storiche riviste “Cahiers du Cinéma”, “Positif”, “Presence du Cinéma” sia come saggista (“30 anni di cinema americano” pubblicato nel 1970).
Echi dei classici statunitensi uniti alle ardite sperimentazioni visive dei giovani talentuosi transalpini sono effettivamente presenti nella sua opera, che ancora oggi colpisce lo spettatore per la capacità di frequentare con assoluta scioltezza i principali generi cinematografici, mescolandoli e, al contempo, rinnovandoli.
L’ultima pellicola da lui diretta è stata la commedia “Quay d’Orsay” due anni orsono, nella quale osserva con gradevole ironia la crisi della politica francese attuale.