Napoli – “Mammiferi marini e uomo a confronto: cervello d’acqua e cervello di terra”, è il tema della sesta conferenza del 12esimo ciclo di “Come alla Corte di Federico II, ovvero parlando e riparlando di scienza”, tenutasi al Centro Congressi fridericiano di via Partenope. Relatore Bruno Cozzi, professore di Anatomia degli animali domestici all’Università degli Studi di Padova.
I mammiferi marini si sono adattati alla vita in ambiente acquatico e per farlo hanno subito numerosi adattamenti anatomici e funzionali. Ma quanto è rimasto di comune con i mammiferi terrestri dopo questo complesso processo evolutivo? Quanto è cambiato il cervello dei cetacei rispetto a quello delle specie terrestri più affini e a quello dell’uomo? La locomozione quadrupedale – o la stazione eretta – richiedono un controllo motorio articolato delle estremità e circuiti nervosi che regolino i movimenti fini e quelli sincroni degli arti. Invece nell’evoluzione verso la vita in acqua gli arti pelvici dei delfini e delle balene sono scomparsi e lo stesso arto toracico si è trasformato in una pinna.
Anche la corteccia motoria che controlla e armonizza i movimenti delle estremità si adatta di conseguenza. Vivere in un ambiente dove l’olfatto non serve e l’utilità della vista è limitata costringe ad affinare altri sensi. Conseguentemente il cervello si adatta a percepire stimoli di nuova natura e cambia alcune sue caratteristiche.
Le forme di comunicazioni intraspecifiche, vale a dire il linguaggio per comunicare con i propri simili, dipendono dall’ambiente: il suono in acqua viaggia quattro volte più velocemente in aria che in acqua e quindi anche le parti del cervello che percepisco origine e natura dei suoni devono adattarsi. Del resto l’udito è fondamentale per la vita in ambiente marino e le parti del cervello che sono dedicate all’acustica aumentano il loro sviluppo.