Milano – L’ex sub-commissario di Expo Antonio Acerbo, arrestato lo scorso ottobre per corruzione e turbativa d’asta, ha patteggiato una pena di tre anni con un risarcimento di 100mila euro a favore della società. La richiesta è stata accolta dal gup di Milano, che ha anche revocato la misura di arresti domiciliari per l’ex sub commissario di Expo 2015 spa. Ratificati anche i patteggiamenti di Giandomenico Maltauro, a due anni e sei mesi, e Andrea Castellotti a due anni.
I pm di Milano Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio, titolari dell’inchiesta, avevano dato il via libera al patteggiamento delle tre persone finite ai domiciliari lo scorso ottobre nella seconda tranche dell’indagine milanese sui lavori per l’Expo, dopo quella che a maggio aveva portato in carcere i presunti appartenenti alla cosiddetta “cupola degli appalti”, tra cui l’ex Pci Primo Greganti e l’ex Dc Gianstefano Frigerio (anche loro hanno patteggiato nei mesi scorsi, assieme ad altri imputati).
Acerbo, anche ex responsabile del Padiglione Italia e imputato in qualità di ex commissario delegato per le opere, avrebbe fatto vincere nel luglio 2013 la gara per l’appalto sulle ‘Vie d’acqua sud’ del valore di 42,5 milioni di euro ad un’associazione temporanea di imprese, capeggiata dalla Maltauro e in cui figurava anche la Tagliabue.
In cambio il figlio di Acerbo, Livio, avrebbe ottenuto nel 2012 un contratto fittizio di consulenza da 36 mila euro dalla Maltauro e la promessa di altri 150 mila euro, dopo una iniziale richiesta di 300 mila euro, attraverso un altro contratto ‘schermo’. Dalle indagini della Guardia di Finanza è emerso che sette mesi prima della gara, ossia nell’agosto 2012, Acerbo avrebbe passato a Maltauro e Castellotti, ex facility manager del Padiglione Italia, una chiavetta usb con dentro “gli atti progettuali definitivi e riservati” sull’appalto.
Acerbo, tra l’altro, è anche indagato per turbativa d’asta nell’inchiesta della Procura di Firenze sulle grandi opere, che ha portato all’arresto del progettista Stefano Perrotti e dell’ex manager del Ministero delle Infrastrutture Ercole Incalza. L’accusa riguarda l’appalto per la costruzione di ‘Palazzo Italia’ per l’Expo. Il figlio di Antonio Acerbo, Livio, invece, è accusato di riciclaggio e concorso in corruzione in un filone dell’inchiesta milanese ancora aperto, nel quale sono indagati anche un manager della Tagliabue e un architetto.