Roma – All’indomani della sentenza della Corte di Strasburgo che ha condannato l’Italia per le violenze del G8 di Genova del 2001, in particolare per l’irruzione alla scuola ‘Diaz’ dove ci fu “tortura”, esplode la polemica sulle persone che gestirono quei giorni.
Ad accendere la miccia è il presidente Pd, Matteo Orfini, che punta il dito contro Gianni De Gennaro, l’uomo che proprio nel 2001, durante i fatti del G8, era a capo della polizia e che oggi è presidente di Finmeccanica, bollando come “vergognosa” la sua nomina nella controllata di Stato.
Alle parole di Orfini fanno eco quelle di Nicola Fratoianni, coordinatore di Sel: “Siamo talmente convinti che sia una vergogna che De Gennaro sia stato nominato da Renzi al vertice di Finmeccanica, da permetterci di chiedere a Orfini, presidente del Pd, di fare qualcosa di più che un semplice tweet: chieda al presidente del Consiglio (che è anche segretario del Pd) di risolvere il problema sollevato, faccia in modo che il partito da lui presieduto e il suo governo chiudano una vicenda che non ha giustificazioni. Altrimenti sono solo parole in libertà”.
Contro De Gennaro anche il MoVimento 5 stelle, col senatore Nicola Morra chiede al prefetto di dimettersi. De Gennaro, rispetto ai fatti di Genova, fu assolto dalla Cassazione nel 2011 – assieme all’ex capo della Digos, Spartaco Mortola – perché “i fatti non sussistono”. Secondo l’accusa, i due avevano indotto l’allora questore di Genova a mentire e a fargli ritrattare precedenti dichiarazioni nelle quali attribuiva la responsabilità degli ordini a una catena di comando che partiva dal Viminale, cioè da De Gennaro stesso.
Le polemiche sulle sue nomine non si sono però mai spente perché, nonostante il suo ruolo in quel momento così difficile della storia italiana, De Gennaro è salito al vertice dei servizi segreti, poi a palazzo Chigi con Mario Monti (come sottosegretario per la sicurezza della Repubblica), infine alla presidenza di Finmeccanica, dove è stato designato da Enrico Letta e confermato da Matteo Renzi.
Intanto, da oggi la Camera cercherà di fare presto per rimediare al vuoto segnalato dalla Corte di Strasburgo. Per la legge italiana, infatti, il reato di tortura ancora non esiste e rappresenta il primo motivo che ha portato alla condanna del nostro Paese. E su Twitter, il premier Renzi cita proprio il reato di tortura per rispondere al no-global Luca Casarini che lo aveva sollecitato a dire qualcosa sulle torture alla scuola Diaz: “Quello che dobbiamo dire – scrive il capo del governo – lo dobbiamo dire in parlamento con il reato di tortura. Questa è la risposta di chi rappresenta un Paese”.