“Sono cattivi quelli dell’America”. È questa una delle intercettazioni spuntate nell’indagine che ha portato oggi all’estradizione dagli Stati Uniti di Francesco Palmieri, terza figura di spicco della famiglia Gambino, arrestato negli Stati Uniti nel dicembre del 2014.
Dal suo ruolo, quello di “underboss”, prese il nome l’intera operazione, sviluppata tra Italia e New York, e innescata dalla denuncia di un imprenditore materano. Coordinata dallo Sco della Polizia di Stato in stretta collaborazione con l’Fbi, l’indagine portò a fine 2014 all’esecuzione di otto arresti, tra cui appunto quello di Palmieri.
La vicenda si sviluppa attorno a un prestito di 300 milioni di lire risalente a circa trent’anni fa elargito all’imprenditore materano dalla famiglia Gambino. I soldi sarebbero stati tutti restituiti nel tempo ma l’intermediario all’epoca avrebbe fatto “il furbo”, trattenendo una buona parte per sé. È per questo motivo che Palmieri viene inviato a Matera, insieme ad altri due mafiosi americani: deve esigere la restituzione dei soldi, per una somma che nel frattempo ha raggiunto il milione di euro.
L’imprenditore, ritenendo di aver già pagato il debito, ignora la richiesta, ma a quel punto arrivano le minacce: cartoline dagli Stati Uniti, da parte di “amici che ti vogliono vedere”, o lettere anonime che invitavano l’uomo a “non far aspettare più”. Quindi l’arrivo di Palmieri, che lo terrorizza.
La figura di Palmieri è emersa fin dal principio dell’inchiesta quando, nell’ambito dell’indagine internazionale coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria e dall’Eastern District di New York, erano state intercettate una serie di sue conversazioni telefoniche con alcuni indagati di quel procedimento.
Soprannominato anche “Ciccio l’americano”, Palmieri era stato inviato in Italia dalla famiglia mafiosa Gambino di New York per intimorire gravemente un imprenditore materano ed indurlo al pagamento di un milione di euro a titolo di interessi per un vecchio “prestito personale” concessogli anni prima. Per realizzare questi propositi, quindi, Palmieri si era affidato alle prestazioni d’opera di un pericoloso gruppo di malviventi campani, con influenti proiezioni anche a New York City, tramite del loro leader che risiede da anni a Brooklyn.