Tribeca Film Festival, premi al cinema italiano

di Gaetano Bencivenga

Si è conclusa a New York l’edizione 2015 del Tribeca Film Festival, la più importante manifestazione americana, insieme al Sundance di Robert Redford, dedicata al cinema indipendente internazionale. Non a caso il festival è stato ideato, creato e fortemente voluto da un altro mitico Robert del grande schermo statunitense, il grande De Niro, che proprio all’indomani della tragedia delle Torri Gemelle ha dato il via al progetto supportato dalla produttrice Jane Rosenthal.

Un appuntamento per cinefili e non che ha gradualmente conquistato un posto d’onore nel panorama delle kermesse planetarie e alla quale guardano tutti con interesse per scovare nuovi talenti e idee innovative. E una di queste è arrivata proprio dall’Italia grazie a “Vergine giurata” dell’esordiente Laura Bispuri, bravissima a raccontare la storia di una giovane donna albanese, interpretata alla perfezione da Alba Rohrwacher, cresciuta tra le retrograde montagne del suo paese e costretta a fingersi uomo pur di ritagliarsi uno spazio di libertà in una società atavica e maschilista.

L’opera della Bispuri ha talmente colpito la giuria da farle meritare il prestigioso premio dedicato alla memoria della regista  e sceneggiatrice Nora Ephron e indirizzato a una cineasta in grado di esprimersi dietro la macchina da presa con linguaggio innovativo e sorprendente.

La Bispuri si è ovviamente dichiarata onorata di ricevere un riconoscimento tanto importante all’interno di una manifestazione simbolo della Grande Mela e della sua passione per la Settima Arte. Alla vincitrice del Nora Ephron, come ai trionfatori delle altre sezioni, è stato consegnato anche un assegno di 25mila dollari. Un altro trofeo agguantato dal cinema nostrano è stato quello per  il montaggio del documentario “Il Palio” di Cosima Spender.

Enorme successo nel palmares finale per la cinematografia scandinava, che ha portato a casa la vittoria del “Narrative Feature” con la coproduzione danese/islandese “Virgin Mountain” di Dagur Kàri.

La storia commovente di un uomo gigantesco dal cuore infinito, disadattato, umiliato per il suo aspetto e per la sua verginità alla soglia dei 43 anni ha colpito pubblico, critica e giurati centrando anche la conquista del riconoscimento all’attore Gunnar Jònsson e alla sceneggiatura.

Altro trionfatore è stato il controverso danese “Bridgend” di Olivier Bugge Couttè, premiato per l’attrice Hannah Murray, la fotografia e il montaggio.  Miglior documentario, infine, ancora una volta un danese, ovvero “Democrats” di Camilla Nielsson, reportage sulla nascente voglia di democrazia nel tormentato stato africano dello Zimbabwe.

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