La terza stagione di “Cucine da Incubo” è pronta per andare in onda: il programma, ancora sulla piattaforma satellitare Sky, partirà dal 26 maggio, ogni martedì alle 21.00 su FoxLife (Sky, canale 114).
Ai nastri di partenza è pronto Antonio Cannavacciulo, il pluristellato cuoco napoletano patron del ristorante “Villa Crespi” (sul lago d’Orta). La sua missione? Non permettere il fallimento di ristoranti e locali, disseminati sulla penisola. Ovviamente il tutto sarà fatto secondo il metodo “cannavacciulo”: spingere sulla motivazione del gruppo e sul senso di rivincita.
“La prima cosa – afferma il cuoco – che conta in un ristorante è lo staff: sono le persone che portano l’energia positiva – spiega – poi bisogna comunicare bene con il cliente: certo, serve cucinare bene perché in un ristorante c’è chi segna e chi difende, ma la sala è la punta di diamante di un locale”.
Come ormai sanno gli affezionati di “Cucine da incubo”, di puntata in puntata, lo chef dispenserà consigli non solo tra i fornelli, ma sulla gestione, il menù e l’arredamento. E se la struttura del format prodotto da Endemol Italia è rimasta sostanzialmente invariata, in questa edizione Cannavacciuolo si troverà a dover risolvere i problemi di realtà più complesse di una cucina a gestione familiare: per questo saranno organizzate più “esterne” fuori dai locali, per mettere i ristoratori alla prova. Ma soprattutto si dovranno affrontare difficoltà diverse, più vicine al cuore che al modo di cucinare. Come accade nella terza puntata, dedicata allo storico ristorante A’ Lanterna, aperto nel 1979, una delle strutture della Comunità di San Benedetto al porto fondata da Don Andrea Gallo a Genova.
Un successo, quello di Antonio Cannavacciulo che vista la sua riservatezza, arriverebbe dalla sua straordinaria capacità di far aderire le parole ai fatti. “Io rimprovero le persone e dico come vanno fatte le cose ma poi faccio i fatti – spiega – al pubblico piace vedere la delicatezza e la raffinatezza dei piatti, come mi muovo in cucina”.
Un atteggiamento di apertura verso l’altro che lo chef segue nella vita di tutti i giorni e che si riflette nei suoi pensieri: con una cucina onnipresente, servita “in tutte le salse” nei palinsesti tv, se c’è stato “un miglioramento medio nella ristorazione italiana, lo si deve solo alla gente. E’ sempre il cliente che fa il ristorante”, spiega, “così è accaduto anche a me: se non avessi avuto i clienti giusti non sarei riuscito a migliorare”.