Emanuela Orlandi, la Procura chiede l’archiviazione

di Redazione

Roma – La procura di Roma ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta sulle sparizioni di Emanuela Orlandi (22 giugno 1983) e di Mirella Gregori (7 maggio 1983) per i quali erano indagati per sequestro di persona e per omicidio cinque persone, tutti in un qualche modo legati ad esponenti della Banda della Magliana.

A rendere noto la richiesta di archiviazione del procedimento è stato il procuratore Giuseppe Pignatone. Nel registro degli indagati erano finiti, in varie epoche, i nomi di Sergio Virtù, autista di Enrico (‘Renatino’) De Pedis, Angelo Cassani, detto “Ciletto”, Gianfranco Cerboni, detto “Giggetto”, e Sabrina Minardi, quest’ ultima supertestimone che attribuì alla Banda della Magliana il sequestro e l’omicidio di Emanuela.

Contestualmente alla richiesta di archiviazione dei procedimenti sulle scomparse di Emanuela e di Mirella Gregori, la procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati il nome di un testimone per i reati di calunnia e di autocalunnia.

La scomparsa di Emanuela – Emanuela Orlandi frequentava una scuola di musica a piazza Santa Apollinare a Roma, in territorio vaticano. Quel giorno, uscì dalla lezione dieci minuti prima del previsto, telefonò alla sorella maggiore riferendole che le era stato proposto un piccolo lavoro di volantinaggio per la Avon (azienda di cosmetici) ad una sfilata di moda pagato esageratamente (circa 375.000 lire). La sorella le disse di non prendere in considerazione l’offerta, Emanuela rispose che ne avrebbe parlato con i genitori e riattaccò, questo fu l’ultimo contatto che ebbe con la famiglia. Dopo la telefonata, incontrò un’amica, uscita anche lei dalla lezione a cui chiese consiglio su cosa fare a proposito di quel lavoro. L’amica senza sbilanciarsi troppo la accompagnò alla fermata dell’autobus che l’avrebbe ricondotta a casa, dove, secondo la testimonianza di un vigile urbano, avrebbe parlato con un uomo alla guida di una Bmw nera sulla quale, forse, sarebbe salita.

Dopo le prime, infruttuose ricerche, condotte direttamente dalla famiglia, cominciano le telefonate. Si tratta principalmente di sciacalli e mitomani, ma il 25 giugno, si apre una pista importante: la telefonata di un uomo, che si identifica come ”Pierluigi” e parla un italiano senza inflessioni dialettali, racconta che la propria fidanzata avrebbe incontrato in Campo dei Fiori, due ragazze. Una delle due, che diceva di chiamarsi Barbara, vendeva cosmetici ed aveva con sé un flauto. Un amico le aveva consigliato di suonare in pubblico ma ”Barbara” si vergognava dei suoi occhiali, che usava per suonare. Per la famiglia Orlandi , si apre uno spiraglio di speranza: Emanuela , infatti, si era sempre vergognata dei propri occhiali, e suonava il flauto. In una seconda telefonata, 3 ore più tardi, ”Pierluigi” aggiunge un altro particolare significativo: gli occhiali della ragazza sono ”a goccia, per correggere l’astigmatismo”.

Il giorno successivo una nuova telefonata. ”Pierluigi” afferma di avere 16 anni, e di trovarsi in un ristorante di una località marina, insieme ai propri genitori, ed aggiunge che ”Barbara” avrebbe dovuto suonare il flauto al matrimonio della sorella, ma non fornisce elementi per rintracciare la ragazza e rifiuta un appuntamento in Vaticano che lo zio di Emanuela gli chiede.Due giorni dopo, altra telefonata, altra persona. Mario, che sostiene di avere 35 anni, afferma di aver visto un uomo con due ragazze, che vendevano cosmetici. Una delle due ragazze dice di chiamarsi ”Barbara” e di essere di Venezia.

Potrebbe essere Emanuela? Pierluigi e Mario si conoscono? Potrebbero far parte di una stessa organizzazione? I dubbi si affollano nella mente dei genitori, quando arriva una seconda telefonata di ”Mario”, il quale afferma che ”Barbara” gli avrebbe raccontato di esserefuggita volontariamente da casa, cosa assolutamente poco plausibile secondo l’opinione dei genitori. I due telefonisti perdono quindi credibilità agli occhi dei genitori: si tratta forse di sciacalli? Mentono? Delle pedine manovrate da altri? Sicuramente da escludere che si tratti di comuni rapitori, i quali avrebbero tutto l’interesse a dare una prova certa di avere in mano l’ostaggio, al fine di chiedere un riscatto.

E’ il 5 luglio, quando nella sala stampa vaticana squilla un telefono. All’altro capo del telefono c’è un uomo, che parla con uno spiccato accento straniero (ribattezzato ”l’Amerikano”), e facendo riferimento alla scomparsa di Emanuela Orlandi , auspica l’intervento del pontefice, Giovanni Paolo II. Chiama in causa Mehmet Ali Agca, l’uomo che aveva sparato al Papa in Piazza San Pietro un paio di anni prima, chiedendo che sia liberato entro il 20 luglio.

Afferma di tenere in ostaggio Emanuela Orlandi, sostenendo che molti altri elementi sono già stati forniti da altri componenti della sua organizzazione, Pierluigi e Mario, ed esige l’attivazione di una linea telefonica diretta con il Vaticano. Un’ora dopo, l’uomo chiama a casa Orlandi, e fa ascoltare ai genitori un nastro con una voce di ragazza, che potrebbe essere Emanuela. Ma la registrazione potrebbe essere stata precedente alla scomparsa della ragazza. Nei giorni successivi, l’uomo insiste perché Wojtyla si muova per la liberazione di Ali Agca entro il 20 luglio, ma il Papa non ha alcun potere sull’autorità giudiziaria italiana, da cui la liberazione del killer turco dipende.

Il 17 luglio, viene fatto ritrovare un nastro, in cui si conferma la richiesta di scambio con Agca, la richiesta di una linea telefonica diretta con monsignor Agostino Casaroli, segretario di stato pontificio, e si sente la voce di una ragazza che implora aiuto, dicendo di sentirsi male. Alcuni giorni più tardi, in un’altra telefonata, ”l’Amerikano” chiederà’ allo zio di Emanuela di rendere pubblico il messaggio contenuto sul nastro, e di informarsi presso monsignor Casaroli riguardo ad un precedente colloquio. In totale, le telefonate dell’Amerikano saranno 16, tutte da cabine telefoniche. Nonostante le richieste di vario tipo, e le presunte prove, l’uomo (che non sarà mai rintracciato) non apre alcuna reale pista da battere.

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