La Commissione Ue ha comunicato al Consiglio europeo che si oppone alla richiesta italiana di deroga per estendere la “reverse charge” dell’Iva alla grande distribuzione perché non è in linea con l’articolo 395 della direttiva sull’imposta sul valore aggiunto. Lo “split payment”, sottolinea la Commissione Ue, è ancora sotto esame. La misura, introdotta dal governo Renzi con la legge di Stabilità 2015, vale circa 700 milioni nel bilancio.
Per la Commissione Ue “non c’è prova sufficiente che la misura richiesta contribuirebbe a combattere le frodi. Ed è inoltre dell’opinione che tale misura implicherebbe elevati rischi di spostamento delle frodi al settore del commercio al dettaglio e ad altri Stati”, ha detto Vanessa Mock, portavoce del commissario alla fiscalità Pierre Moscovici.
Bruxelles, si legge nella comunicazione inviata al Consiglio, “ha sempre avuto un approccio cauto, per assicurare che le deroghe non vadano a minare l’operatività del sistema Iva generale, che siano limitate, necessarie e proporzionate. Ogni deroga al sistema del pagamento frazionato non può quindi essere che una misura d’emergenza e ‘ultima ratio’ in casi provati di frodi, e deve offrire le garanzie sulla necessità ed eccezionalità della deroga, la durata della misura e la natura dei prodotti. La procedura di ‘reverse charge’ non deve essere usata sistematicamente per mascherare la sorveglianza inadeguata delle autorità fiscali di uno Stato”.
La Commissione “ha motivo per dubitare che un’applicazione indistinta e globale della ‘reverse charge’ a un alto numero di prodotti, in questo caso destinati essenzialmente al consumo finale, potrebbe essere considerata una misura speciale prevista dall’articolo 395 della direttiva sull’Iva”. Inoltre, la Commissione “ha seri dubbi che la misura avrebbe l’impatto positivo che si aspettano le autorità italiane”, perché è adatta alla prevenzione delle ‘frodi carosello’ ma non di tutte le altre che portano all’evasione dell’Iva.
Infine, “le autorità italiane non hanno dimostrato” che per il tipo di merci in questione è impossibile fare un controllo attraverso i mezzi convenzionali, circostanza che avrebbe giustificato la necessità di attuazione della “reverse charge”.
Non scatterà l’aumento delle accise sui carburanti, previsto come clausola di salvaguardia a partire dal 30 giugno, per coprire il no europeo alla reverse charge Iva. “C’è il fermo impegno del governo – spiegano fonti Mef – a non far scattare le clausole di salvaguardia”. La decisione della Commissione europea “era una delle possibilità – spiegano le stesse fonti – e il ministero dell’Economia ha monitorato le decisioni della Comunità”.
In pratica la scelta dell’Ue non ha preso di sorpresa il Tesoro che quindi ha circa un mese di tempo per disinnescare la clausola di salvaguarda che prevede di aumentare le aliquote della accise sulla benzina e sul gasolio usato come carburante “con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli da adottare entro il 30 giugno 2015”.