Casal di Principe (Caserta) – Sei persone sono state arrestate dai carabinieri del nucleo operativo di Casal di Principe con l’accusa, a vario titolo, di fabbricazione, detenzione e porto di armi da guerra, lancio e scoppio di ordigni esplodenti (‘bombe incendiarie’), tentato incendio, detenzione e porto illegale di arma da guerra, ricettazione, spaccio di sostanze stupefacenti, possesso di segni distintivi contraffatti e violenza privata.
L’indagine, condotta dall’ottobre del 2014 ad oggi, mediante operazioni di intercettazione ed assunzione di dichiarazioni, ha consentito di raccogliere a carico dei destinatari del provvedimento restrittivo gravi indizi di colpevolezza in relazione alla commissione di molteplici fatti delittuosi.
Tra questi: un atto intimidatorio commesso la notte del 18 ottobre 2014 a Casal di Principe, quando venivano lanciate due bottiglie incendiarie (“molotov”), contro la porta d’ingresso di un’abitazione, fatti per i quali era già stato tratto in arresto, il 19 dicembre 2014, uno degli esecutori materiali; la detenzione di un’arma da guerra (fucile d’assalto ‘Kalashnikov’), con la quale gli indagati si esercitavano a sparare nelle campagne dell’agro aversano, peraltro facendosi fotografare in atteggiamenti emulativi dei terroristi islamici dell’Isis; diversi episodi di cessione di marijuana; possesso illegale di un distintivo, falsamente riprodotto, riportante il simbolo della Repubblica Italiana e la dicitura ‘Ministero della Difesa’; un episodio di violenza privata, consistito nell’esplosione di colpi d’arma da fuoco per la pubblica via.
L’attività investigativa ha preso le mosse proprio a seguito dell’atto intimidatorio commesso la notte del 18 ottobre 2014 a Casal di Principe, evento che, solo per mera casualità, non ebbe a provocare conseguenze più gravi, dal momento che una delle bottiglie incendiarie che vennero lanciate rimase fortuitamente inesplosa, mentre l’altra provocò una combustione circoscritta, che non investì l’abitazione nella quale si trovavano a dormire i proprietari.
L’attentato incendiario era stato commissionato per finalità ritorsive, poiché il mandante voleva punire in questo modo i vicini di casa che gli avevano avvelenato i cani. Degli indagati destinatari dei provvedimenti restrittivi (che hanno applicato la misura degli arresti domiciliari), due già si trovavano sottoposti agli arresti domiciliari per altra causa.