Roma – La sentenza della Consulta sulle pensioni rischia di aprire un caso all’interno del governo. Dopo che il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha annunciato che l’esecutivo”rispetterà le leggi, minimizzando l’impatto per le casse del governo”, oggi il sottosegretario all’Economia, e leader di Scelta Civica, Enrico Zanetti, ha invece detto: “Escludo che sia possibile restituire a tutti l’indicizzazione delle pensioni, per quelle più alte sarebbe immorale e il governo deve dirlo forte. Occorre farlo per le fasce più basse”. Opinione “espressa a titolo personale” quella di Zanetti che però rischia di spaccare l’esecutivo.
D’altra parte la sentenza della Corte costituzionale è chiara: il blocco dell’adeguamento all’inflazione delle pensioni lorde di importo superiore a tre volte il minimo previsto dall’Inps (1.443 euro) è incostituzionale. Eppure in mattinata – ad Agorà su Raitre – l’ex premier, Mario Monti, aveva spiegato che il blocco “era strettamente indispensabile. Ho letto che è stata una delle decisioni più sofferte prese dalla Corte. Una sentenza che, nella pacatezza che la Corte Costituzionale deve avere e quasi nell’oblio delle circostanze specifiche in cui le decisioni sono prese, guarda uno spicchio significativo di un intero problema, e cioè il blocco delle indicizzazioni delle pensioni, e forse non dà altrettanto rilievo ad altri valori di pari rilevo costituzionale come per esempio il vincolo di bilancio”.
Adesso con l’applicazione della sentenza – secondo uno studio della Uil – il rimborso per una pensione che nel 2011 era di 1500 euro lordi, quindi appena superiore alle tre volte il minimo, dovrà partire da 2.540 euro per i due anni di blocco (2012 e 2013) e per gli effetti che questi hanno avuto sul 2014. La rivalutazione calcolata è di circa 85 euro al mese. Somme che rischiano di pesare fino a 13 miliardi di euro sulle casse del governo. Addirittura 16,6 miliardi secondo l’ufficio studi della Cgia. Proprio secondo quest’ultimo studio, il rimborso medio spettante per le pensioni da 2.500 a 3mila euro arriva a 3.791 euro, per poi superare i 5.171 euro per le pensioni al di sopra dei 3mila euro (tabella di seguito).
In base a questa simulazione, che certo non è ancora da considerarsi definitiva vista la complessità della materia, si può vedere come i 16,6 miliardi che il governo dovrà stanziare andrebbero per meno della metà (7,1 miliardi) agli assegni fino a 2mila euro, che equivalgono grossomodo a quattro volte il minimo. Il conto si aggirerebbe sui 10 miliardi per coprire fino a cinque volte il minimo.
I consumatori, però, chiedono l’immediata attuazione da parte dell’Inps. Richiesta identica anche dai sindacati. Il problema però adesso è tecnico. Bruxelles”aspetta la decisione del Governo su come attuare la sentenza della Consulta e ne valuterà l’impatto sui conti”, spiegando che “questo non deve compromettere l’impegno italiano a rispettare le regole del Patto: la sostenibilità dei conti deve restare una priorità anche alla luce dell’alta spesa pensionistica”.
A questo punto l’esecutivo potrebbe anche pensare di riscrivere la norma alzando il tetto del blocco alle perequazioni. D’altra parte lo hanno già fatto i governi Prodi nel 1998 e Berlusconi nel 2007: in quelle occazioni la Consulta non ebbe nulla da ridire anche perchè l’Ulivo vietò l’adeguamento per gli assegni oltre 5 volte il minimo e il Pdl fissò l’asticella a 8 volte il minimo. Difficile, però, far quadrare i conti in questo modo.