L’edizione 2015 dei Nastri d’Argento, prestigioso premio cinematografico assegnato dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici (Sngc), si è conclusa nella suggestiva cornice del Teatro Antico di Taormina, sede stabile da almeno un quindicennio scelta per incoronare la migliore produzione nazionale realizzata nell’anno solare.
Uno dei riconoscimenti alla Settima Arte più antichi della storia se si considera che la prima edizione della rassegna ebbe luogo nel lontano 1946, che ha continuato negli anni ad essere agognato da tutti coloro facenti parte dell’universo del cinema al pari del David di Donatello.
“Youth- La giovinezza” di Paolo Sorrentino e “Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone, sonoramente bocciati dal palmares di Cannes, si sono presi una bella rivincita sul suolo italico aggiudicandosi tre Nastri a testa. Quelli attribuiti alla pellicola di Sorrentino, surreale quanto emozionante ritratto delle passioni senili interpretato dai mostri sacri Michael Caine e Harvey Keitel, sono ovviamente di maggiore importanza e riguardano la regia, la fotografia e il montaggio. Garrone, autore di un variopinto affresco magico-favolistico tratto da “Lo cunto de li cunti” di Basile e impreziosito da un cast stellare in cui spiccano Salma Hayek e Vincent Cassel, ha prevalso nelle categorie cosiddette “tecniche” di costumi, scenografia e sonoro in presa diretta.
Il dominatore dei David, “Anime nere” di Francesco Munzi, non ha, però, sfigurato nei confronti dei più quotati rivali portandosi a casa i trofei per la produzione e la sceneggiatura, a testimonianza di una stagione piuttosto felice vissuta dal nostro cinema nel corso degli ultimi dodici mesi.
L’altro reduce, deluso, della Croisette Nanni Moretti ha ottenuto per il vibrante “Mia madre” l’atteso Nastro per l’attrice protagonista Margherita Buy, mentre miglior non protagonista è stata decretata, un po’ a sorpresa, la Micaela Ramazzotti de “Il nome del figlio” di Francesca Archibugi. Quest’ultima opera, remake del transalpino “Cena tra amici”, ha condotto al trionfo, anche, l’attore protagonista Alessandro Gassman, che ha finalmente raggiunto un risultato degno del suo indubbio talento.
Il riconoscimento al non protagonista Claudio Amendola, divertente nostalgico del vetusto Partito Comunista Italiano nello spassoso “Noi e la Giulia” di Edoardo Leo, ha evidenziato la grande qualità delle commedie tricolori realizzate quest’anno. Infatti, oltre al lungometraggio di Leo, che ha vinto pure nella categoria di miglior commedia, c’è da registrare il trionfo dell’esordiente Edoardo Falcone, regista dell’esilarante “Se Dio vuole”.
Due Nastri sono stati consegnati a “Il ragazzo invisibile” di Gabriele Salvatores (soggetto e canzone) e uno a “Hungry Hearts” di Saverio Costanzo (colonna sonora). Riconoscimenti alla carriera, infine, per il pasoliniano Ninetto Davoli e per le signore del teatro Adriana Asti e Giulia Lazzarini.