Pescara – I finanzieri del comando provinciale di Pescara hanno eseguito una ordinanza di misura cautelare nei confronti di 29 persone (8 in carcere, 11 ai domiciliari e 10 obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria) ritenute i promotori di una organizzazione senegalese specializzata nel traffico e spaccio di stupefacenti, molto attiva in Abruzzo e fuori regione.
I provvedimenti si aggiungono ai 21 arresti in flagranza di reato già eseguiti nel corso delle indagini che hanno portato alla denuncia di complessive 93 persone ed al sequestro di circa 39 chilogrammi di marijuana, 3,2 chilogrammi di eroina, 200 grammi di cocaina, nonché di circa 20.000 euro in contanti.
Le investigazioni delle Fiamme Gialle pescaresi hanno preso le mosse da un sequestro di una piccola quantità di marijuana operato nel mese di ottobre del 2013 nei confronti di un occasionale acquirente che si era rifornito presso un residence di Montesilvano, in via Ariosto, rivelatosi poi, la roccaforte dell’organizzazione. In quella circostanza l’analisi del telefono cellulare del fermato aveva rivelato importanti contatti che hanno consentito di ricostruire l’intera “filiera” criminale.
Oltre ai pedinamenti e ai servizi di osservazione, decisive sono state le intercettazioni telefoniche, risultate oltremodo difficoltose sia perché le conversazioni avvenivano in codice ed in lingua madre (senegalese – dialetto “wolof”), sia per l’estrema mobilità degli indagati che, peraltro, erano soliti cambiare molto spesso utenze. In alcuni casi la banda, per sfuggire ad eventuali intercettazioni utilizzava schede telefoniche intestate ad ignari cittadini. Quasi cento le utenze intercettate, migliaia le ore di ascolto ininterrotto per oltre cinque mesi.
Disarticolato un sodalizio criminale che gestiva attraverso propri affiliati, veri e propri “responsabili d’area”, un fitta rete di “operai dello spaccio”, quasi tutti di etnia senegalese, capace di coprire tutta l’area metropolitana ed in particolare il litorale adriatico da Silvi (Teramo) a Francavilla al Mare (Chieti).
Sul territorio operava una vera e propria “holding” capace di muovere anche più di 40 chili di stupefacenti a settimana, gestita da un sodalizio criminale a struttura piramidale: vertice, importatori, grossisti, spacciatori di medio livello e spacciatori da strada.
Il soggetto ritenuto a capo dell’organizzazione è Mbaye Abdou – senegalese di 37 anni –, residente a Silvi, ma domiciliato a Montesilvano, già in stato di arresto per precedenti condanne. Secondo gli investigatori, gestiva gli enormi quantitativi di droga in arrivo nel circondario pescarese che riusciva a veicolare senza mai toccare personalmente un solo grammo di droga, occupandosi tuttavia in prima persona del flusso di denaro provento dello spaccio.
L’organizzazione, capace di instaurare saldi contatti con criminali di etnie diverse (albanese, macedone e magrebina) era talmente spregiudicata ed aggressiva che a 15 affiliati è stata contestata la “recidiva specifica e reiterata”.
Secondo le indagini l’organizzazione poteva contare su basi logistiche in Senegal, dove lo stupefacente proveniente dal Sud-America veniva stoccato. Interi villaggi della Repubblica africana, probabilmente, si sostentano con il provento del traffico di droga e lì si addestrano, sin dalla giovane età coloro che nel prosieguo saranno deputati a svolgere la mansione di “ovulatore”, ovvero narco-corrieri che ingoiano ovuli di droga.
La permanenza dei corrieri in Italia era sempre di breve durata ed esclusivamente finalizzata a guadagnare il più possibile per poi poter rientrare nel paese di origine. Solo i più intraprendenti hanno tentato la scalata della piramide per diventare, a loro volta, promotori/organizzatori di traffici dal loro paese.
Il canale di approvvigionamento degli stupefacenti era diversificato: la marijuana proveniva dall’Albania direttamente a Pescara tramite corrieri albanesi o, alternativamente, reperita a Roma e trasportata a Pescara da corrieri senegalesi. Le droghe pesanti, invece, entravano in Europa dal Belgio, venivano portate a Torino e, da quella città, tramite “ovulatori” di etnia senegalese, arrivavano a Pescara.