Milano – Nonostante sia al nono mese di gravidanza, Martina Levato deve restare in carcere. Lo ha deciso la nona sezione penale del Tribunale di Milano, che lo scorso giugno ha condannato in primo grado la bocconiana e il broker a 14 anni di reclusione, respingendo la richiesta di arresti domiciliari avanzata dal difensore Daniele Barelli.
La giovane è accusata di una serie di aggressioni con l’acido, assieme all’ex amante Alexander Boettcher, nei confronti di tre uomini con i quali aveva avuto una relazione, ultimo il 22enne Pietro Barbini. Per i giudici c’è pericolo di reiterazione dei reati.
A settembre, intanto, dinanzi al gup, si aprirà un secondo processo in cui la Levato dovrà rispondere dell’aggressione ad altri due giovani, Stefano Savi e Giuliano Carparelli, che riuscì a proteggersi dal lancio di acido.
Barbini fu sfregiato al volto con l’acido lanciato dalla Levato, mentre Boettcher inseguì il giovane cercando di colpirlo con un martello. Il legale della ragazza, l’avvocato Daniele Barelli, ha sostenuto nell’arringa che la sua assistita soffre di “un disturbo di personalità borderline e quindi le va riconosciuto almeno il vizio parziale di mente”. In un colloquio coi periti psichiatri, sempre riferito nell’arringa, Martina disse di avere avuto “esperienze sessuali negative” e, per questo, di avere cercato una sorta di purificazione aggredendo con l’acido i ragazzi con cui aveva avuto rapporti. “Io avevo avuto esperienze sessuali negative (…) non mi ritrovavo come futura mamma (…) quando ho pensato di essere madre, dovevo liberarmi da esperienze corporee negative, che non avevo condiviso, ero contaminata, adesso sento che il mio corpo si è liberato”.