Asmel, ai Comuni salernitani primato campano per innovazione e trasparenza

di Redazione

Napoli – Duemila e 73 articoli, 1560 commi e 148 rinvii ad altre norme di legge. Sono questi i numeri della ragnatela normativa del Codice degli Appalti, la cui riforma è stata al centro del Forum Asmel 2015 che ha radunato a Napoli i rappresentanti dell’Asmel, l’associazione italiana per la modernizzazione degli Enti Locali che unisce ormai oltre 2200 Enti Locali di tutto il Paese.

I sindaci, che nell’ultima assemblea si erano sepolti simbolicamente sotto una montagna di faldoni con tutte le norme di un codice che ha subito 565 modifiche in meno di dieci anni ed al quale si sono aggiunti un Regolamento attuativo che si compone di 358 articoli e 1392 commi e tutti i regolamenti attuativi, con valore di legge, varati dalle Regioni, hanno raccontato le difficoltà di districarsi in una ragnatela normativa che negli anni ha raccolto anche oltre 6mila pronunce dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e dei tribunali amministrativi, oltre a migliaia di pareri, emanati dalle sezioni regionali della Corte dei Conti.

Una situazione che gli Enti Locali speravano potesse essere riformata dal governo che proprio in questi giorni ha visto approvata al senato il disegno di legge delega per una riforma del codice degli appalti che recepisca le ultime direttive comunitarie del settore.

“Un disegno di legge che, invece, non lascia ben sperare – ha spiegato Francesco Pinto, segretario generale di Asmel – perché prevede oltre 60 articoli e tre livelli di regolazione: il Codice, il Regolamento e gli Atti di indirizzo dell’Anac. Viene ribadito il divieto di gold plating, ovvero di superare i livelli minimi di regolazione chiesti dall’Europa, ma almeno la metà di detti articoli viola questo criterio, con il rischio di incorrere in procedure di infrazione alla normativa europea”.

E allora ecco la proposta di Asmel: abolire completamente il codice degli appalti con l’immediata introduzione delle direttive comunitarie di settore, con l’obiettivo, come ha evidenziato Pinto, “di eliminare una ragnatela di prescrizioni in grado di appesantire gli adempimenti burocratici e di divenire alimento e paravento della corruzione e della criminalità”.

Si tratterebbe in pratica, come ha chiarito Pinto, “di introdurre anche in Italia il principio del copy out, ovvero copiare integralmente il testo delle direttive, senza aggiungere una riga, seguendo così la strada già percorsa da Gran Bretagna, Francia, Germania ed Irlanda”. Uno dei principali antidoti alla corruzione, del resto, è rappresentato, proprio dallo sfoltimento e dalla semplificazione delle normative e come ha spiegato Pinto “le norme europee sugli appalti sono poche, scritte in italiano fluente e già tradotte in inglese, ad uso degli investitori esteri e la loro immediata introduzione in Italia,  non solo darebbe un concreto impulso alla crescita (gli appalti pubblici in Italia valgono circa 100 miliardi di euro ogni anno) ma supererebbe l’attuale  marasma di formalismi e procedure, che è fonte di continui ritardi e di incerta interpretazione ed all’interno del quale è più facile l’innesto di deviazioni corruttive”.

Nel corso del dibattito con il vice presidente dell’Anpci, Arturo Manera, con i rappresentanti di Confapi, Confindustria e Legacoop e con il senatore Marco Pagnoncelli, relatore del disegno di legge delega al Governo per la riforma del codice degli appalti in applicazione delle direttive comunitarie, il segretario generale dell’Asmel, Francesco Pinto, ha spiegato come con la proposta di Asmel del copy out “verrebbero superate d’incanto tutte le difficoltà attuative ed interpretative tipiche del nostro sistema normativo bizantino, perché dopo la ricezione integrale delle direttive comunitarie, sarebbe sufficiente un solo ulteriore livello di regolazione, gli atti di indirizzo Anac, che a loro volta rappresenterebbero norme scritte ex-novo senza necessità di interpretare la ragnatela delle attuali norme”.

Nel corso del Forum Asmel spazio anche alle premiazioni dei comuni più virtuosi nel Programma TrasparENTE, un progetto nato a seguito di un protocollo d’intesa tra Consorzio Asmez e Adiconsum, Cna, Confindustria e Confartigiano di Campania e Calabria, con l’obiettivo di attribuire un rating ai comuni più attenti alla trasparenza e all’uso delle nuove tecnologie (portale istituzionale e servizi on line per un efficace interazione cittadino-Ente), e nel Programma Comune Innovatore che premia, invece, gli Enti Locali che hanno deciso di utilizzare strumenti telematici in grado di coniugare le esigenze burocratiche con l’innovazione tecnologica, ottenendo risparmi, efficienza nella gestione dei processi e migliore qualità nei servizi al cittadino.

Ad esempio i Comuni che hanno scelto di gestire tutte le procedure in materia di attività produttive attraverso il Suap telematico e quelli che hanno svolto in maniera telematica i propri bandi di gara, in ossequio alle novità legislative in materia di codice degli appalti, utilizzando la centrale di committenza per le gare telematiche.

In Campania è la provincia di Salerno che vince la sfida dell’innovazione con ben quattro comuni premiati: Caggiano, Corbara, Montecorice e Teggiano. Segue la provincia di Napoli con tre comuni: Agerola, Cercola e Sant’Agnello. Due sono i comuni più innovatori delle province di Caserta (Calvi Risorta e Sparanise) e Avellino (Carife e Pago del Vallo di Lauro) e Foiano di Val Fortore è il comune più innovativo della provincia di Benevento.

Salerno divide invece con Napoli il primato della trasparenza con due comuni premiati per entrambe le province: Minori e Montecorvino Pugliano nel salernitano e Pomigliano d’Arco e Poggiomarino nel napoletano. Nelle altre tre province campane il primato della trasparenza va ad Apollosa nel beneventano, a Marcianise nel casertano e a San Sossio Baronia in irpinia.

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