Brescia – I finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Brescia hanno eseguito, nelle provincie di Brescia, Bergamo, Milano, Vercelli e La Spezia, 30 perquisizioni e un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 10 soggetti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita, bancarotta fraudolenta, trasferimento fraudolento di valori e reati contro la pubblica amministrazione. Sono stati, inoltre, sottoposti a sequestro beni, consistenti in società, immobili, autovetture, nonché somme di denaro, per un valore pari a circa 8 milioni di euro.
Due dei fermati, i fratelli Gezim e Saimir Sallaku, sono stati tradotti in carcere, per uno degli indagati è stata disposta la misura degli arresti domiciliari, mentre per altri 7 quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
I militari della sezione criminalità organizzata, coordinati dalla Procura della Repubblica di Brescia, hanno ricostruito l’operatività di un sodalizio criminale, composto da soggetti albanesi e italiani residenti nella provincia bresciana, che, mediante le sistematiche illecite compensazioni di crediti tributari inesistenti con debiti fiscali e oneri contributivi dovuti, nonché lo svuotamento di società decotte a beneficio di altre imprese neo-costitute, operanti nel settore alberghiero, dell’edilizia e della ristorazione, ha accumulato ingenti provviste di denaro, inquinando l’economia locale e falsando le regole del mercato.
Le plurime condotte distrattive e dissipative accertate hanno agevolato il dissesto delle società amministrate, recando un considerevole pregiudizio al ceto dei creditori, rappresentati principalmente dall’erario e dagli enti previdenziali. I proventi illeciti accumulati sono stati prioritariamente reimpiegati in una riserva faunistico-venatoria ubicata ad Arborio (Vc).
Le indagini hanno permesso di ricostruire l’operatività criminale dell’associazione per delinquere, nonché di individuare una ramificata struttura costituita da diverse aziende edili, formalmente rappresentate da prestanome, ma di fatto tutte facenti capo e gestite dai fratelli di nazionalità albanese, le quali fornivano manodopera in cantieri di rilevanti dimensioni a prezzi altamente concorrenziali.
Il sodalizio assumeva il controllo di aziende edili già attive, ma in forti difficoltà economiche, grazie all’ingente disponibilità di capitali e alla contiguità compiacente e soggiacente di alcuni imprenditori, che restavano formalmente intestatari delle società.
Tale modus operandi permetteva agli indagati di partecipare ed aggiudicarsi numerose gare di appalto pubblico, da cui altrimenti sarebbero rimasti esclusi a causa di due interdittive antimafia emesse nei confronti di società loro riconducibili.
Inoltre, attraverso contatti diretti con alcuni amministratori locali dei comuni a ridosso del lago d’Iseo, la compagine criminale è riuscita a garantirsi l’aggiudicazione diretta di contratti pubblici mediante procedure “negoziate”, per le quali non è prevista la pubblicazione dei bandi di gara.
L’ambito territoriale di operatività del sodalizio albanese abbraccia, in particolare, il territorio delle province di Bergamo e Brescia.
L’ascesa criminale ed economica degli indagati, oltre che dalla spregiudicatezza e dal particolare dinamismo criminale dimostrato, è stata di fatto resa possibile e agevolata dalla consapevole collaborazione dei “colletti bianchi”: amministratori locali, professionisti, funzionari di banca.
Le misure cautelari reali disposte dall’autorità giudiziaria riguardano provviste finanziarie, beni mobili, immobili e quote societarie per complessivi 8 milioni di euro. Nel dettaglio, si è proceduto al sequestro di quote sociali di 10 imprese e relativo complesso aziendale, 92 immobili (tra fabbricati e terreni), 32 autoveicoli, un motoscafo e disponibilità finanziarie.