Camorra, confiscati beni per 8 milioni all’avvocato del boss Bidognetti

di Redazione

Caserta – Beni mobili e immobili per 8 milioni di euro sono stati confiscati dai Carabinieri di Caserta e dagli agenti della Dia di Napoli all’avvocato Michele Santonastaso, 54 anni, ex legale del boss del clan dei casalesi, Francesco Bidognetti, alias “Cicciotto ‘e mezzanotte”. A Santonastaso la Polizia di Stato ha anche notificato una misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di dimora nel comune di residenza della durata di 4 anni.

L’avvocato è stato arrestato due volte, nel settembre del 2010 e nel gennaio del 2011, per avere commesso una serie di reati finalizzati ad agevolare la fazione Bidognetti del clan dei casalesi, il clan Cimmino e il clan La Torre di Mondragone. Sempre secondo gli investigatori ha anche fatto da collegamento tra il boss in carcere e i gregari sul territorio. La Dia gli ha confiscato quote societarie, autorimesse, ville, terreni, autovetture e 26 rapporti finanziari. I carabinieri gli hanno invece sequestrato un locale ad uso studio a Napoli e confiscato depositi e numerosi appartamenti a Caserta.

L’avvocato Santonastaso è l’unico condannato del processo per le minacce allo scrittore Roberto Saviano e alla giornalista Rosaria Capacchione, senatrice del Pd. Un anno di reclusione con la sospensione condizionale della pena, e il pagamento di una provvisionale di 20mila euro a Capacchione. Il Tribunale ha invece assolto gli altri tre imputati, i boss Francesco Bidognetti e Antonio Iovine e l’avvocato Carmine D’Aniello. Saviano era presente in aula e commentò così l’assoluzione dei boss: “Lo spiego con la strategia difensiva accolta dalla Corte, e cioè che l’avvocato abbia fatto da schermo all’organizzazione. Non si può pensare che l’avvocato dei camorristi possa prendere un’iniziativa personale senza interloquire con i capi. Se così fosse davvero non abbiamo capito niente della camorra”.

Le minacce durante la lettura in aula il 13 marzo 2008 di un’istanza di ricusazione della Corte d’Appello di Napoli del processo Spartacus. Infarcita di riferimenti nei confronti di Saviano, Capacchione e dei magistrati Raffaele Cantone e Federico Cafiero De Raho. Un’istanza che fu interpretata dai pm della Dda di Napoli come un vero e proprio proclama di minacce, sul modello di quelli brigatisti degli anni di piombo. Saviano viveva già sotto scorta e nei giorni successivi la scorta fu assegnata anche a Capacchione.

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