Casapesenna – Intimidazioni nei confronti degli inquirenti attraverso espressioni come “devo farlo uccidere?” oppure “ho paura che all’improvviso fanno una stupidaggine”. Con una informativa del Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap) viene lanciato l’allarme per i rischi che corrono i magistrati impegnati nelle indagini sul clan dei casalesi.
La relazione, depositata ieri all’udienza di un processo in corso davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, è basata sul contenuto di intercettazioni ambientali (fatte tra il 2013 e lo scorso marzo) in carcere dei colloqui tra il boss Michele Zagaria, uno dei capi dell’organizzazione arrestato dopo una lunga latitanza, e i familiari.
Il rapporto del Dap contiene anche relazioni di servizio di agenti penitenziari ai quali rivolse la parola Zagaria con lo scopo, secondo gli investigatori, di lanciare avvertimenti ai magistrati. Dalle parole del boss emergono “momenti di autentica fibrillazione” e uno stato di animo di rancore covato da Zagaria, soprattutto nei confronti del pm della Dda Catello Maresca, uno dei magistrati titolari delle principali inchieste sulle attività della cosca.
“Stiamo attenti perché vogliono trovare il pelo nell’uovo…io mi metto paura di una cosa sola: che all’improvviso prendono e fanno un’altra stupidaggine (indica i familiari presenti come per coinvolgerli, spiegano gli investigatori)…mi sono spiegato?”. E’ il passaggio di una intercettazione a carico di Zagaria eseguita il 20 marzo scorso. “Io sto facendo il mestiere mio, però se tu lo strumentalizzi…” è un’altra frase dal contenuto ritenuto intimidatorio in un momento in cui il boss appare esacerbato soprattutto dopo l’arresto della sorella, Elvira Zagaria.
Nella informativa sono riportati anche alcuni passaggi delle relazioni di servizio fatte da alcuni agenti penitenziari ai quali rivolse la parola il boss. «La prossima volta che vado in videoconferenza e c’è il magistrato Maresca gli dico che mi ha rotto le palle visto che si è accanito su di me». E poi ancora: “Mi devo ammazzare oppure lo devo fare uccidere fuori. Brigadiere, fuori ancora qualcosa posso fare”.
La relazione contiene anche le minacce rivolte al giornalista Sandro Ruotolo per un servizio su La7 assieme a Schiavone a Casale di Principe, che hanno reso necessaria la tutela del giornalista da parte delle forze dell’ordine: “Come quell’altro, Ruotolo che dice che io avevo contatti con i servizi segreti..questo…che ti possano squartare vivo! Ma io dico, perché ti permetti di dire queste cose! Allora io dico queste sono infangate”.