Roma – È stata rispettata la scadenza del 31 luglio. Oggi l’aula del Senato si è pronunciata sulla questione Rai: la riforma è stata approvata con 142 voti a favore, 92 contrari e nessun astenuto. Il provvedimento ora passa alla Camera.
È stato dato il via libera all’emendamento del governo che conferisce al prossimo direttore generale, nominato con la legge Gasparri, i poteri previsti per l’amministratore delegato nella riforma, a partire dalla sua entrata in vigore. Passato, ma modificato l’articolo 2 sulla governace della tv pubblica. Turbolenti, invece, sono stati i trascorsi dell’articolo 4 sulla revisione della normativa sul canone.
“Glielo avevamo chiesto in tutti i modi di accantonare l’articolo 4, ma loro non ci hanno ascoltati. La delega al canone così come l’avevano concepita era troppo generica. Così abbiamo votato il nostro emendamento soppressivo e siamo stati determinanti”,aveva dichiarato così il senatore della minoranza Dem Federico Fornaro. Il governo sull’articolo 4 è andato sotto per tre voti e si è visto “soffiare” via dalle opposizioni la delega sul canone Rai.
In una conferenza stampa a Palazzo Chigi, il premier Matteo Renzi ha così commentato la votazione: “La legge di riforma della Rai è stata approvata in prima lettura, con qualche incidente ieri e il voto negativo su un emendamento che però non ha pregiudicato la conclusione del Senato. Vedremo se e come correggere alla Camera il testo. Il segnale è politico, ma non ci preoccupa. Una parte del Pd ha voluto approfittare di molte assenze per dare un messaggio, ma il nostro obiettivo non è passare il tempo a dare messaggi, ma risposte ai cittadini”.
Il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, si è detta, accordandosi al premier, comunque soddisfatta: “Il lavoro non finisce qui e probabilmente ci saranno altre modifiche alla Camera. Ma è un primo passo”.
La minoranza Pd non sembra, però, voler addolcire la pillola: “L’unità del partito può e deve costruirla per primo il segretario Renzi. Inutile scaricare responsabilità su altri” attacca il deputato Roberto Speranza, “Ho lavorato in Rai per 35 anni e so che aveva bisogno di una riforma vera, questa non lo è” rincalza, invece, Corradino Mineo.
Le opposizioni hanno rilasciato dichiarazioni simili. Il pentastellato senatore Alberto Airola ha così dichiarato: “Per non morire la Rai aveva bisogno di tre cose: indipendenza, onorabilità e competenza, perché il problema è un sistema di informazione completamente asservito, anche per Mediaset e Sky. Quando saremo al Governo proporremo una nostra soluzione per un servizio pubblico indipendente e non questo mostro, questo blob che tutto ingloba e non produce niente se non un popolo ancora più servo e disinformato”.
“Provvedimento ancora più fallimentare di quanto si poteva presumere”, ha affermato Jonny Crosio della Lega Nord. Brunetta, invece, commenta in modo tagliente l’atto di opposizione della minoranza dem: “Governo battuto a Palazzo Madama su riforma Rai. Verdiniani o non verdiniani, maggioranza non c’è più. Good morning Vietnam-Senato. Ciao Renzi!”.
Il presidente del Pd, Matteo Orfini, a tal proposito, si è mostrato preoccupato su quello che il premier si è limitato a definire un “incidente”: “Se il voto in dissenso dal gruppo diventa non un’eccezione limitata a casi straordinari ma una consuetudine, significa che si è scelto un terreno improprio. Così non si lavora per rafforzare un partito, ma per smontarlo”.