Roma – Protagonista indiscusso dell’Assemblea nazionale del Pd, tenutasi nella mattinata di sabato 18 luglio, è stato il premier Matteo Renzi. Nel torrido caldo romano in mattinata, tra le file del Pd, arriva una ventata di fresche idee che il segretario di partito ha annunciato “rivoluzionarie”, tra cui l’abolizione della Tasi.
“Via la tassa sulla prima casa dal 2016”. Non perde tempo Renzi. Qualcuno riaccenna già ad una curiosa somiglianza con un ex presidente del Consiglio di centrodestra.
Per Renzi l’importante è ridurre le tasse e crede che il percorso promosso dal governo nel cantiere delle riforme arriverà a portare per il biennio 2017-18 un taglio delle tasse che non avrà paragoni nella storia della Repubblica italiana. Insomma, per Renzi sarà una riforma scientifica al punto di denominarla “rivoluzione copernicana” e assicura “non aumenterà il debito”.
Renzi è scaltro, furbo, come direbbero in molti. Sa benissimo che in questi mesi di governo gli italiani sono stati inondati di tasse. Il messaggio che riecheggia nell’assemblea Pd è uno e categorico: “Il Partito Democratico non è il partito delle tasse.”
La ricetta renziana sembrerebbe prevedere sul piatto un intervento sull’Ires e Irap per poi aggiungere nel 2018 varie riduzioni, in più tempi, su Irpef e pensioni.
In tutto ciò Renzi fa una premessa sul “motore Italia” che riparte. “Se ora il Paese è partito di nuovo – dice il premier – è grazie alle riforme fatte in questi mesi”. Riforme che però hanno fatto rischiare il Pd. E Renzi lo sa bene e lo ricorda: “Mesi fa eravamo preoccupati che le riforme potessero essere bloccate”.
Ovviamente da “lider maximo” di partito Renzi non si prende tutti i meriti, è comunque l’Assemblea del Partito Democratico e il merito va oltremodo al partito e ai suoi componenti (tra deputati, senatori, dissidenti e scissionisti) che sempre e comunque “in quest’arco di tempo hanno permesso di far ripartire l’economia dell’Italia”. La prova per Renzi c’è: “Abbiamo i numeri di ciò che abbiamo fatto ma questi sono spessi oscurati dalla grancassa del disfattismo cosmico”.
Indubbiamente non poteva mancare nel salone dell’assemblea il canto dedicato all’amata Europa a cui Renzi non perderà mai un secondo nel dedicare “pensieri e parole”. Per il capo del governo è fondamentale ricordare che l’Italia è “una colonna portante dell’Europa, non lo zimbello”. Certo è che nemmeno a lui piace tutta questa burocrazia europea. La colpa non è dei tecnici di Bruxelles ma dell’opinione ormai diffusa che “ha trasformato l’Europa in matrigna”.
Tuttavia, anche se la burocrazia non gli piace tanto, Renzi ricorda in poche parole che il debito italiano continuerà ad essere rispettato nell’ambito dei parametri europei: “Non vogliamo che la curva del debito continui a crescere”.