Secondo le stime dell’Inps i contratti a tempo indeterminato stanno crescendo sul totale dei rapporti di lavoro attivati/variati. Si è passati dal 33,6% del primo semestre 2014 al 40,8% dei sei mesi 2015. Si parla di ben 952.359 nuove assunzioni a tempo indeterminato nel settore privato stipulate in Italia, il 36% in più rispetto all’analogo periodo del 2014, che si traduce in 252.177 occupati stabili.
Il premier Matteo Renzi è molto soddisfatto: “Il Jobs Act è un’occasione imperdibile, soprattutto per la nuova generazione. I dati diffusi dicono che siamo sulla strada giusta contro il precariato”.
In effetti, è in aumento anche il lavoro full time rispetto al part time: i nuovi rapporti di lavoro a tempo pieno rappresentano il 63,4% del totale delle nuove assunzioni nei primi sei mesi del 2015, in aumento di 1,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2014.
Attenzione, però, ad affidarsi ciecamente ai dati. I numeri creano confusione poiché la fonte non è la stessa. In effetti, alcuni risultati guardano alle teste, altri ai contratti.
È stato il presidente dell’Istituto nazionale di statistica, Giorgio Alleva, a sollevare l’allarme.
“Stiamo ragionando su un progetto con ministero del Lavoro, Inps e Inail per rendere coerenti e integrare i dati, proliferati in questo periodo” spiega.
Gli equivoci statistici nascono dal fatto che negli ultimi tempi ai tradizionali comunicati dell’Istat, si sono affiancati le note flash sulla dinamica dei contratti di lavoro, firmate dal ministero guidato da Poletti e l’Osservatorio sul precariato dell’Inps.
Può succedere che le cifre non coincidano perché – come sottolinea Alleva – l’Istat fa riferimento a “un’indagine campionaria”, che si basa sulle persone, mentre il ministero poggia sulle comunicazioni obbligatorie, “dati di tipo amministrativo”, che riflettono l’andamento dei rapporti di lavoro.