Dopo i giorni della polemica a distanza innescata dalla lettera appello di Roberto Saviano sul Sud “abbandonato anche dalle mafie” e dai dati impietosi del rapporto Svimez, il presidente del Consiglio Matteo Renzi, nella sua ulteriore veste di segretario del Pd, ha aperto la direzione dem dedicata alla “questione” dello sviluppo nel Meridione tracciando una sorta di percorso a tappe.
“Oggi si inizia una discussione. Si ascolta. Mi riservo poi una prima replica alle considerazioni che verranno poste in questa direzione. Vi propongo un secondo momento di riflessione durante la Festa nazionale dell’Unità, o il 5 o 6 settembre. E poi il 15 o il 16 settembre mi piacerebbe che il Pd uscisse con un vero e proprio masterplan per il Sud. Oggi quindi non concluderemo con un documento finale e risolutivo. Non ci sono bombe giornalistiche. Non ci sono notizie ad effetto perché affrontare il problema del Sud semplicemente con notizie ad effetto significherebbe tradire un problema che è molto più complesso”.
Arrivare al masterplan per il Sud a settembre vorrebbe dire, per il Pd, proporlo prima della legge di stabilità. Il leader del Pd ha quindi ricordato il rapporto Svimez, che “segnala una serie di problemi che si devono affrontare in una dimensione storica molto ampia”.
Quanto a Saviano, senza nominare il giornalista e scrittore a cui aveva replicato dal Giappone con un “basta piagnistei”, Renzi ha affermato: “Quando dico che occorre rottamare il piagnisteo non intendo dire che non bisogna denunciare le cose che non vanno: solo che ti pagano per risolverlo il problema, non per unire e aggiungere noia a noia in un cliché prestabilito per cui il Mezzogiorno d’Italia è la cosa peggiore che c’è”. E ancora: “Se il Sud è in difficoltà non è colpa di chi avrebbe abbandonato il Sud. La retorica del Sud abbandonato è autoassolutoria. L’autoassoluzione è un elemento che concorre alla crisi del Mezzogiorno e del Sud”.
“L’autoassoluzione del dire ‘ci hanno abbandonato’, non può essere accettata. – ha proseguito il segretario dem – La classe dirigente del Mezzogiorno non può esimersi dall’assumersi le proprie responsabilità. Anche noi, come centrosinistra, nell’ultimo decennio siamo stati affascinati dalla questione settentrionale, per recuperare una parte di Regioni. Ma non può essere accettata l’autoassoluzione sul Sud abbandonato”. “Si deve uscire da una cultura per cui il declino è il nostro destino, il Mezzogiorno non è una serie di sfortune capitate, così si mette in discussione la capacità di riscatto di una comunità” ha esortato Renzi.
Riscatto che deve servire a ribaltare tanti luoghi comuni. “Avevo proposto di fare un bilaterale a Palermo e mi è stato risposto, da un autorevole premier, che a Palermo si spara per strada. – ha raccontato Renzi – Ma vi rendete conto? Il racconto fatto all’estero è ancora frutto di stereotipi e grida vendetta. Il numero di turisti che dall’estero vengono al sud è l’11%, senza la Sardegna. E’ la stessa percentuale di chi va in provincia di Bolzano, che è bellissima per carità di Dio, ma è possibile? Io vorrei raccontare il Mezzogiorno non come una serie di documenti (riferimento allo Svimez, ndr), ma come una serie di volti e di storie”.
“Il problema del Sud oggi non è la mancanza dei soldi. E’ la mancanza della politica”, ha proseguito Renzi nell’analisi, “anche al Sud si vedono i primi dati positivi, ma sono del tutto insufficienti”. E qui il premier è finito col trovarsi d’accordo con il pensiero espresso da Susanna Camusso al videoforum di Repubblica qualche giorno fa: la ripresa dell’Italia è una finzione se non si spezza la forbice che separa il destino del Sud da quello del Nord. “Non è più il Sud ad avere bisogno dell’Italia: è l’Italia che ha bisogno del Sud perché la ripresa in atto sia strategica e decisiva” ha osservato anche Renzi, sottolineando: “Non c’è un Sud. Ci sono più Sud. Solo che i Sud che funzionano sono quasi sempre ignorati. I Sud che funzionano sono occultati”.
Ma nessuno, secondo il leader dem, può negare che “l’Italia è ripartita”. E chi nel Pd nega questo dato, più che un “gufo” è una persona che “non aiuta la propria comunità”. “L’Italia è ripartita – ha insistito Renzi -, il Nord ha numeri di crescita che sono reali, oggettivi, concreti. Non parlo solo dell’Emilia Romagna, del Veneto o della Lombardia. Parlo dei dati di queste ultime settimane: consumi, dati bancari, produzione industriale. Riscontriamo un’inversione di tendenza che era attesa da troppo tempo. Poi ciascuno la può valutare come positiva o no, come striminzita. Ma trovo stravagante che per esigenze interne non si valorizzino i risultati positivi”. Di fronte a un inizio di ripresa bisognerebbe essere contenti “anche se il segretario non mi sta simpatico” e negare il dato “non è da gufi, è da persone che non aiutano la propria comunità”.
D’ora in poi sul Sud “l’hashtag deve essere #mezzogiornozerochiacchiere – ha detto ancora Renzi nel suo intervento alla direzione del partito -. Per essere molto chiari, è ora di finirla di dire di chi è la colpa. Ora è del Pd. Se c’è un elemento estremamente positivo delle regionali è che nel giro di un anno si è fatto filotto. Ora c’è un governo guidato dal Pd, il gruppo più numeroso di eurodeputati, le regioni del Sud tutte a guida Pd. Quindi oggi l’idea non è trovare un colpevole ma un responsabile. E qui c’è una responsabilità storica: o lo fa il Pd o il Pd si prenderà la responsabilità storica di non averlo fatto. C’è stato un allineamento planetario”.
“Ma non andremo da nessuna parte – ha ammonito il leader del Pd – se dopo aver elencato le cose fatte, che sono tantissime, le cose da fare, che sono ancora di più di quelle fatte, e i progetti, che ci sono, non ponessimo il tema dell’investimento sul capitale umano e sull’infanzia negata, con la lotta alla povertà minorile, l’istruzione, la cultura. Ed è il capitale umano il punto chiave per il futuro dell’Italia e del Mezzogiorno”. Capitale umano sì, ma anche infrastrutture: “E’ fondamentale portare l’alta velocità in Calabria: non può fermarsi a Salerno. L’alta velocità è la principale infrastruttura realizzata in questi anni, era altro che si fermava a Eboli”.