Cosenza – Gli Abbruzzese sono i “signori della droga” nel Cosentino. Così gli inquirenti hanno definito il ruolo della cosca nell’ambito dell’operazione ‘Job center’, condotta in collaborazione tra la Dda di Catanzaro e la Procura di Cosenza.
Gli agenti della squadra mobile hanno eseguito, questa mattina, quattordici ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettante persone accusate di avere fatto parte di un’organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti e collegata al clan degli zingari.
Un’indagine iniziata nel 2014 su input del questore Luigi Liquori, che ha illustrato in conferenza stampa i dettagli dell’attività investigativa. “Si tratta – ha detto il procuratore aggiunto di Catanzaro Giovanni Bombardieri – di un’operazione molto importante perché dà uno spaccato dello spaccio di droga, che avveniva in modo capillare a opera dell’organizzazione che faceva capo a Celestino Abbruzzese. E’ un’organizzazione che rappresenta un modello di operatività per il potere decisionale attribuito ai capi. Addirittura i pusher ricevevano un compenso. Era un’organizzazione che dettava le regole, procurava gli avvocati per gli arresti dei pusher o per i sequestri di droga e determinavano gli equilibri all’interno della cosca. Come le soffiate fatte da alcuni degli arrestati nei confronti di altri indagati. Monopolizzavano lo spaccio di droga nel centro storico di Cosenza, che coinvolgeva anche minorenni. Nessuno nella città dei Bruzi può spacciare senza il permesso dei clan”.
L’inchiesta – hanno sottolineato Bombardieri e il procuratore aggiunto di Cosenza Marisa Manzini – è stata condotta dal sostituto procuratore della Dda Pierpaolo Bruni e dai colleghi di Cosenza Salvatore Di Maio e Domenico Assumma. L’aggiunto Manzini ha ribadito “la grande collaborazione tra le due Procure e il grande lavoro della squadra mobile grazie anche a intercettazioni e pedinamenti. E alle fonti dichiarative di un collaboratore di giustizia”.
Il collega Vincenzo Luberto ha poi spiegato come la cosca Abbruzzese domina tutto il territorio e i collegamenti tra i clan della Sibaritide e i Rango-Zingari di Cosenza. “Abbiamo chiamato questa operazione ‘Job center’ – ha detto il capo della Mobile Giuseppe Zanfini – perché l’organizzazione fungeva da vero e proprio ufficio di collegamento. Celestino Abbruzzese era il capo, ma i pusher non avevano contatti con lui. I conti si facevano a casa di Marco Paura. Ruolo importante è quello svolto dalle donne perché’ erano loro ad avere rapporti con i pusher. Emblematico anche la vicenda di Amos Zicaro, arrestato a Roma: quando l’organizzazione ha capito che stava alzando il tiro ha deciso di venderlo alla polizia: hanno fatto trovare droga in casa e hanno fatto la soffiata alla polizia. Questo arresto è stato festeggiato brindando con champagne. In tutto sono state sequestrate 660 dosi di eroina. Lo stipendio del pusher era di 400 euro al mese come fisso, più la percentuale sulla vendita. Gli spacciatori venivano fatti ruotare per non dare troppo nell’occhio”.