Obbligato a stare fuori dall’aula, con tanto di sedia e banco, senza nessun compagno di scuola accanto. E’ la vicenda di uno studente di sedici anni che, secondo la madre, è stato discriminato dal preside della Ecfop, l’ente cattolico di formazione professionale di Monza, perché gay. La donna, sconvolta e arrabbiata dopo aver visto più volte il figlio in lacrime, ha chiamato i carabinieri. La scuola ha detto di averlo fatto “per tutelarlo”.
Il patrigno del giovane ha scritto una mail al preside dell’istituto cattolico monzese per chiedere lumi: alla base della decisione vi sarebbe una fotografia scattata insieme a un altro ragazzo e postata su un social network.
Intervistata dal Giornale di Monza, la mamma del 16enne ha spiegato: “Per la scuola il problema è che lui è gay dichiarato. Quando ho chiesto come mai fosse in corridoio, mi hanno spiegato che è per via di una fotografia pubblicata su Instagram. Secondo la scuola, influenza negativamente gli altri ragazzini, che vanno protetti”.
Con una breve nota, la scuola prende posizione su quanto sarebbe accaduto: “Vi assicuriamo che non facciamo discriminazioni sessuali né razziali. La nostra attenzione è alla formazione professionale dei giovani, seguendo il dettame della pastorale sociale della Chiesa cattolica”.
“Tutte le decisioni adottate sono state fatte nell’esclusivo interesse del ragazzino: in ogni caso non è stato tenuto in corridoio, ma in uno spazio apposito proprio per tutelarlo rispetto a quello che stava accadendo in classe” ha aggiunto successivamente il preside. “Il caso è scoppiato dopo che lo studente ha messo su un social una sua foto con un altro ragazzino e la foto è stata segnalata a un insegnante da un compagno”, ha concluso.
“E’ un fatto gravissimo, inconcepibile, per il quale chiediamo l’intervento fermo e severo del Miur”. Lo ha detto Flavio Romani, presidente di Arcigay. “Spetta al Ministero inviare tempestivamente i propri ispettori. Qualora le circostanze fossero confermate, e il modo in cui il dirigente scolastico rivendica i suoi provvedimenti pare lasciare pochi dubbi, sarebbero doverose l’immediata interruzione di qualsiasi forma di accreditamento pubblico e l’applicazione di qualsiasi strumento per sanzionare una pratica discriminatoria grave, perché violenta nel messaggio e estremamente dannosa”, ha aggiunto.