L’incubo di una class action su scala planetaria, un effetto domino di cause collettive dalle conseguenze finanziarie imprevedibili. Volkswagen rischia questo scenario dopo il dieselgate e il crollo del titolo in Borsa. Mentre il gruppo procede nella pulizia interna e il suo ex Ad è finito sotto indagine, le azioni della casa di Wolfsburg hanno perso il 40% dall’inizio dello scandalo dei test truccati tramite il software “defeat device”. Intanto l’ad Mueller annuncia che nei prossimi giorni l’azienda invierà una comunicazione ai clienti per richiamare le vetture coinvolte e sostituire il software incriminato.
L’operazione, annunciata dal neo-amministratore delegato Matthias Mueller a un incontro a porte chiuse con circa 1000 top manager a Wolfsburg, riguarderà 11 milioni di vetture e costerà, secondo gli analisti, oltre 6,5 miliardi di dollari.
Ma sono gli sviluppi sul fronte legale a preoccupare ora gli investitori e Berlino, dove il viceministro delle Finanze Jens Spahn ha confessato che lo scandalo “può avere un grosso impatto sull’economia tedesca e questo deve preoccuparci”. Accanto alle indagini aperte dalle autorità federali negli Usa, e alle cause che si apprestano a intentare decine di Stati americani, a mettere in moto la class action è un fondo pensione del Michigan in rappresentanza di una serie di investitori in titoli Vw, che ritengono di aver pagato prezzi gonfiati dalle emissioni nascoste.
Un’iniziativa a cui rischiano di affiancarsi quelle di numerosi concessionari e soprattutto consumatori, con un danno economico che potrebbe portare il conto finale ben oltre i 50 miliardi stimati finora: gli ossidi di azoto e le polveri sottili nascosti dal software incriminato sono infatti ad alto rischio per la salute, specie dei bambini.
In Germania, i giudici della Bassa Sassonia hanno aperto un’indagine su Martin Winterkorn, l’ex capo supremo di Vw appena rimpiazzato da Mueller mentre i sindacati hanno preannunciato battaglia contro la buonuscita milionaria. In Spagna spunta una denuncia per frode. E la class action americana potrebbe trovare eco in Europa: Adusbef e Federconsumatori, in Italia, dicono di essere in contatto con le altre associazioni europee per sollecitare un’iniziativa su scala continentale e dar via a un intervento “urgente” su Volkswagen a difesa dei possessori delle auto coinvolte. E in giornata anche Bankitalia ha parlato di “scandalo grave che rende difficile una stima degli effetti”.
Ma dopo Volkswagen, ora anche la Bmw è finita sotto inchiesta delle autorità americane. La National Highway Traffic Safety Administration, l’ente per la sicurezza stradale, sta indagando per presunti ritardi e lentezze nel risolvere i problemi delle Mini Cooper che non hanno superato i crash test. I modelli nel mirino sono 30mila Mini Cooper e Cooper S.