C’è chi spesso si è lamentato della fin troppa indulgenza del Belpaese nei confronti del fenomeno “migrazione”. L’opinione pubblica, fin dagli esordi della questione, si è sempre trovata divisa sull’argomento: accettazione o meno, apertura o chiusura, sensibilità ai problemi che queste popolazioni devono affrontare nei loro paesi di origine o maggior rigore e meno sentimentalismi? Tuttavia, fino ad ora, più o meno tutti erano d’accordo sul fatto che l’Italia, rispetto agli altri paesi europei, fosse stata generalmente “più benevola”.
Eppure, esistono comuni italiani che non sempre sono stati così “aperti” nei confronti delle comunità straniere. Il Comune di Borgo San Giacomo (Brescia) è stato costretto, ad esempio, a fine agosto, dall’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali a revocare due atti, datati 2009 e 2013, che obbligavano i cittadini stranieri a presentare la dichiarazione di idoneità igienico-sanitaria dell’alloggio al costo di non poter perfezionare l’iscrizione anagrafica o al pagamento di una tariffa per l’ottenimento della comunicazione di ospitalità per tutti i cittadini del Comune.
Il Comune di Telgate, nel Bergamasco, aveva attuato nel 2014 una delibera che aveva fatto schizzare il costo per il rilascio del certificato di idoneità alloggiativa da 100 a 300 euro, quando in tutta Italia lo stesso documento costa tra i 30 ai 50 euro. Ad imitarlo, erano stati i comuni di Albino, Seriate e Pontoglio. Dal tribunale del capoluogo, il Comune di Telgate è stato chiamato alla revoca dell’atto e alla “restituzione dell’eccedenza” ai ricorrenti.
Il Comune di Civitanova Marche (Macerata) aveva, con una delibera del 2013, imposto un generalizzato divieto di campeggio sul proprio territorio. Per la Corte d’Appello di Ancona l’iniziativa amministrativa “non ha prodotto altro se non un sentimento pregiudizievole nei confronti di un’etnia, quella rom, che vede tendenzialmente il nomadismo tra le sue caratteristiche costitutive”.