Roma – Dieci ordinanze di custodia cautelare eseguite dalla Guardia di Finanza di Roma per appalti truccati nell’ambito dell’operazione “Dama nera”, dal soprannome della principale indagata. Coinvolti cinque dirigenti e funzionari dell’Anas della Direzione Generale di Roma, tre imprenditori titolari di società vincitrici di appalti per importanti opere pubbliche, un avvocato e un politico, Luigi Meduri.
I reati contestati vanno dall’associazione per delinquere, alla corruzione per l’esercizio della funzione e per atto contrario ai doveri di ufficio, dall’induzione indebita a dare o promettere utilità al voto di scambio. Oltre 90 oerquisizioni in 11 regioni, tra Lazio, Calabria, Puglia, Campania, Sicilia, Friuli, Toscana, Umbria, Piemonte, Veneto e Abruzzo.
In carcere sono finiti: Antonella Accroglianò, 54 anni, la “dama nera”, principale indagata; Oreste De Grossi, 59; Sergio Serafino Lagrotteria, 48; Giovanni Parlato, 48; Antonino Ferrante, 54. Ai domiciliari: Eugenio Battaglia, 53; Concetto Albino Bosco Lo Giudice, 52; Francesco Domenico Costanzo, 53; Luigi Giuseppe Meduri, 73; Giuliano Vidoni, 70.
Meduri è stato sottosegretario alle Infrastrutture, dal maggio 2006 al maggio 2008, durante il governo Prodi, e presidente della Regione Calabria dal gennaio 1999 all’aprile 2000, poi dopo deputato dell’Ulivo.
“La mia sensazione leggendo le carte, che sono prevalentemente, ma non solo, intercettazioni, è la sensazione deprimente della quotidianità della corruzione”, ha detto il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, alla conferenza stampa sugli arresti nell’ambito di una inchiesta sulla corruzione in appalti Anas. Sul ruolo della “Dama nera”, poi ha aggiunto: “La principale indagata va in ufficio per lavorare ma il suo lavoro è gestire il flusso continuo della corruzione: c’è la borsa sempre aperta, arriva qualcuno e ci mette una busta. Tratta pure male i collaboratori, che non sono ritenuti all’altezza nell’avere a che fare con gli imprenditori per riscuotere le mazzette”. La sensazione della lettura delle carte, secondo Pignatone, “è la quotidianità della corruzione vista come cosa normale”.
Il procuratore ha sottolineato l’estraneità ai fatti del nuovo presidente dell’Anas, Gianni Vittorio Armani, che si è insediato da poco: “Non ha nulla a che vedere ed è ovviamente una parte offesa dal punto di vista giuridico”. Proprio Armani ha fatto sapere che “Anas sta attivamente collaborando alle indagini della Guardia di Finanza, dando il massimo supporto anche in qualità di parte offesa dai fatti oggetto di indagine, accaduti negli anni passati”, auspicando che gli inquirenti possano “arrivare velocemente a fare chiarezza sui fatti ed aiutare il vertice dell’azienda a voltare pagina”.
Anas si costituirà in giudizio quale parte offesa. Intanto, l’Anac – Autorità nazionale anticorruzione, presieduta da Raffaele Cantone, chiederà alla Procura gli atti relativi all’inchiesta per verificare se nell’operazione sono interessati appalti in atto su cui è possibile intervenire.
I dettagli dell’inchiesta – Figura centrale è risultata Antonella Accroglianò – dirigente responsabile del Coordinamento tecnico amministrativo di Anas Spa – vero e proprio deus ex machina all’interno del sodalizio, che ha visto la fattiva compartecipazione di ulteriori dirigenti dell’azienda pubblica, quali Oreste De Grossi (dirigente responsabile del Servizio incarichi tecnici della Condirezione generale tecnica), Sergio Serafino Lagrotteria, dirigente Area Progettazione e Nuove Costruzioni) nonché di funzionari “di rango minore”, quali Giovanni Parlato e Antonino Ferrante, tutti oggi destinatari di provvedimento restrittivo.
Sul punto, assolutamente evidenti ed inequivocabili gli immorali principi che ispirano la Accroglianò nello svolgimento del suo incarico dirigenziale: (a) tanto da offrire, in un esplicito do ut des, il suo sostegno ad un altro dipendente Anas (“…come si dice… sono una sua ammiratrice io… UNA SUA SPONSOR… spero di esserlo anche in futuro…”); (b) ovvero a far intendere, ai sodali Parlato e Ferrante, i suoi illeciti propositi (“…speriamo di tenerci forte come abbiamo fatto fino ad adesso.. e di fare tutti un saltino in avanti per poterci aiutare… perché quello è poi lo scopo.. capito? che chi.. io sono stata abituata in questo modo.. chi cresce, chi fa un salto in avanti, si porta gli altri dietro.. QUESTA È LA SCUOLA…”), soprattutto in relazione al recente cambio del top management di Anas Spa.
Le conversazioni captate hanno consentito di far emergere come nel gruppo valesse la regola per la quale “…SE VIAGGI DA SOLO NON FAI NIENTE… chi ha cercato di viaggiare da solo, POI L’HANNO AZZOPPATO… perché, poi, alla fine, non ti riconoscono più…”: in altre parole, trattavasi di un vero e proprio “sistema” criminogeno, specializzato e consolidato da anni.
La condotta illecita posta in essere si è concretizzata nello sblocco di contenziosi in essere con l’Anas (ex art. 31-bis della cd. Legge Merloni, ora previsto dall’articolo 240 del Codice degli Appalti), nella velocizzazione delle pratiche inerenti i relativi pagamenti, nella disapplicazione di penali ed, ancora, nel favorire l’ottenimento di fondi illecitamente maggiorati.
In altri termini, le investigazioni esperite hanno consentito di accertare come i predetti dipendenti pubblici si siano esclusivamente occupati di curare e favorire l’interesse particolare di imprenditori con cui, per ragioni d’ufficio, si interfacciavano, a completo discapito dell’interesse generale, riguardante la corretta edificazione di opere pubbliche strategiche per la collettività.
Per l’illecito servizio prestato, è stato ampiamente documentato come i dipendenti dell’Azienda abbiano ottenuto provviste corruttive in danaro ovvero richiesto l’assunzione di persone “a loro vicine” e/o l’affidamento di lavori in sub appalto a soggetti agli stessi riferibili. Meritevole di menzione è il linguaggio criptico utilizzato nel descrivere le dazioni di denaro, definite alternativamente “libri”, “topolini” o “medicinali/antinfiammatori”.
Allo stato, gli autori degli episodi di corruzione, nei confronti dei nominati pubblici ufficiali, sono stati identificati in: Concetto Albino Bosco Lo Giudice e Francesco Domenico Costanzo, noti imprenditori di origini catanesi, oggi destinatari di provvedimento restrittivo, a cui sono riferibili le società di rilievo nazionale Tecnis spa e Cogip infrastrutture spa, entrambe con sede legale a Tremestieri Etneo (Catania).
Pienamente coinvolto nell’illecito rapporto di corruttela è risultato il politico Luigi Meduri, ritenuto oscuro faccendiere che, da un lato, ha sostenuto le illecite richieste degli imprenditori Bosco Lo Giudice e Costanzo, dall’altro, si è interessato per la corresponsione di indebite provviste di denaro da parte di questi ultimi in favore dei dipendenti pubblici investigati ed ha, altresì, richiesto all’Accroglianò l’assunzione e/o la riconferma dell’impiego presso Anas di due geometri di suo diretto interesse.
Più nel dettaglio, Accroglianò veniva interessata dai predetti imprenditori siciliani e, per conto degli stessi, da Meduri, non solo per la velocizzazione dei pagamenti conseguenti all’iscrizione di “riserve” nelle contabilità di cantiere, risolte attraverso il meccanismo dell’“accordo bonario”, ma, anche e soprattutto, per l’ottenimento dell’autorizzazione alla cessione di un ramo d’azienda (in realtà una vera e propria cessione del contratto d’appalto, normativamente non lecita), concernente la realizzazione della “Variante di Morbegno”, in Lombardia, provincia di Sondrio.
In sintesi, emergeva come: le aziende facenti capo ai predetti imprenditori catanesi, in A.T.I., risultassero aggiudicatarie di un appalto dell’Anas, per un importo pari a oltre 145 milioni di euro, per la progettazione e l’esecuzione della Variante di Morbegno, dallo svincolo di Fuentes allo svincolo del Tartano; il Costanzo e Bosco intendessero cedere il ramo d’azienda (in realtà, come detto, l’appalto), relativo alla realizzazione della citata Variante di Morbegno, in favore di un’altra società con sede a Sondrio; tale cessione fosse condizionata all’autorizzazione dell’appaltante Anas, attraverso la “presa d’atto”.
In relazione all’espletamento di tali “pratiche”, venivano documentati plurimi episodi di corruzione, concretizzatisi in 6 dazioni di denaro, dal dicembre 2014 all’agosto 2015, per un totale pari ad almeno 150mila euro.
Giuliano Vidoni, titolare della Vidoni spa, con sede legale a Travagnacco (Udine), importante azienda operante nella realizzazione di opere pubbliche, aggiudicataria di appalti con l’Anas, nel periodo tra il 2006 e il 2014, per un importo totale pari a oltre 275 milioni di euro.
In particolare, la Accroglianò si attivava per l’adozione degli atti finalizzati al pagamento ed all’erogazione dei corrispettivi contrattuali in favore della società Vidoni, in via privilegiata rispetto ad altre imprese realizzatrici, facendosi indebitamente promettere, quale corrispettivo, l’assunzione di un soggetto “di suo interesse” presso una società del gruppo riconducibile all’imprenditore friulano: assunzione, poi, effettivamente avvenuta nel febbraio 2015;
Francesca De Sanctis e Girolamo De Sanctis, titolari della De Sanctis Costruzioni spa, con sede legale a Roma, destinatari di avviso di garanzia. Giuseppe Ricciardello, titolare della Ricciardello Costruzioni srl, con sede legale a Roma, destinatario di avviso di garanzia.
Ulteriore episodio corruttivo accertato ha riguardato l’esproprio di un terreno da parte di Anas spa, in relazione al quale è stata documentata la corresponsione di una provvista corruttiva, per un importo pari a 50mila euro, materialmente effettuata da parte del legale catanzarese Eugenio Battaglia, oggi destinatario di provvedimento restrittivo, per conto dei proprietari del cespite, identificati nei fratelli Giuseppe e Saverio Silvagni, anch’essi di origini calabresi ma da tempo dimoranti a Roma, destinatari di avviso di garanzia.
Sempre nel corso delle indagini, è stato individuato un gravissimo episodio, assolutamente esplicativo dello spessore criminale della dirigente pubblica Accroglianò. È stato rilevato, infatti, come quest’ultima avesse “consigliato” ai titolari di un’azienda, aggiudicataria di un appalto pubblico in Calabria, di subappaltare alcune opere a ditte facenti capo ad imprenditori già noti alle cronache giudiziarie per contiguità alla criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetista, i quali avrebbero garantito la necessaria sicurezza in un territorio ad alta densità mafiosa.
Accrogliano’, nei rapporti corruttivi con la De Sanctis spa, in ordine alla realizzazione di opere pubbliche nel comune di Palizzi (Reggio Calabria), non solo richiedeva l’assunzione di operai/geometri, ma esercitava inequivoche pressioni affinché la fornitura del calcestruzzo ovvero il movimento terra – attività notoriamente di interesse quasi esclusivo delle cosche di ‘ndrangheta in quei territori – venisse affidato a persona di fiducia della Accroglianò stessa, che avrebbe così garantito la sicurezza del cantiere da interventi o pressioni di gruppi criminali egemoni nella zona di competenza.
Ad aggravare ulteriormente il già fosco quadro indiziario, è emerso un chiaro episodio di voto di scambio, concernente la promessa di assunzione lavorativa in Anas ovvero in società collegate, effettuata dalla Accroglianò in favore di un soggetto calabrese, in cambio del sostegno elettorale fornito al fratello, candidato (non eletto) alle elezioni regionali in Calabria dello scorso novembre 2014.