Giochi di specchi di Daniel Buren al Museo Madre di Napoli

di Redazione

Un turbine di colori, linee e specchi che travolgono il visitatore disorientandolo felicemente, trasportandolo in una dimensione onirica e fatata di cui il visitatore stesso diventa parte.

È l’opera, installata al Museo Madre di Napoli, del maestro francese Daniel Buren che, oltre che estetica e culturale, diventa azione politica e civica.

Ma ci sono ben altre due mostre che i visitatori possono ammirare. Al terzo piano va in scena la grande macchina tecnologica di Mark Leckey che incanta le cose ordinarie, le trasforma in una galassia visionaria che fonde cultura alta e bassa, fisicità e virtualità, copia e originale, in una continua trasformazione della realtà e della nostre memorie.

E, ancora, l’intervento di Marco Bagnoli “Voce”, che si affida all’idea di ascensione incarnata da una scala. La particolarità è che la scala svetta all’esterno del museo “sfondando” il tetto della sala da cui parte, e dove avvolta di opprimente luce rossa si fa protagonista di un albero della cuccagna “vocale”.

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