Pisa, frode da 100 milioni su pelli “Wet blue”: 34 indagati

di Redazione

Pisa – I militari della Guardia di Finanza di Pisa hanno eseguito, per circa tre anni, una complessa indagine di polizia giudiziaria che ha coinvolto 16 aziende ed un professionista operanti nel settore della preparazione e concia del cuoio nonché nel settore del commercio all’ingrosso di cuoio, pelli grezze e semilavorate, tutte operanti nell’area territoriale denominata “Comprensorio del Cuoio” (San Miniato, Santa Croce sull’Arno e Castelfranco di Sotto).

Le indagini, dirette dal pm Aldo Mantovani ed avviate nel corso dell’esecuzione di una verifica fiscale, hanno consentito di scoprire diverse società cartiere, ossia deputate all’emissione di fatture fittizie anche tramite numerose perquisizioni presso aziende sparse su tutto il territorio nazionale.

Il fenomeno individuato è contraddistinto dalla illecita commercializzazione di pelli denominate “Wet Blue” di origine russa attraverso, la predisposizione e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per milioni di euro, da parte di società cartiere costituite ad hoc dai promotori del sodalizio a vantaggio delle aziende conciarie presenti nel comprensorio del cuoio.

Il modus operandi prevedeva che le società cartiere vendessero pelli di provenienza illecita non di loro proprietà all’azienda filtro/broker che a sua volta rivendeva le stesse pelli con una falsa fattura e con percentuali di guadagno irrisorie alle ditte clienti (concerie).

Grazie alle meticolose indagini delle fiamme gialle, si è ricostruita la filiera dell’illecito che in sostanza ha consentito di immettere nel circuito legale pelli di provenienza sconosciuta tramite l’intervento delle cartiere, prima, e dell’azienda “filtro”, poi, consentendo alle aziende clienti finali di apparire estranee all’illecito e di godere di una indebita detrazione dell’iva per ingenti importi.

Sono stati contestati, a carico di 34 soggetti, numerosi reati di natura penale e tributaria: emissione di fatture per operazioni inesistenti; annotazione di fatture per operazioni inesistenti; dichiarazione fraudolenta; omessa presentazione della dichiarazione; occultamento e/o distruzione delle scritture contabili; agli indagati, oltre ai reati tributari è stata contestata l’associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale.

Il sodalizio criminale, attraverso l’imponente giro delle fatture false emesse dalle società cartiere, ha posto in essere una frode fiscale ammontante a circa 100 milioni di euro, di cui: 38 milioni di euro di ricavi non dichiarati; 20 milioni di euro di costi indeducibili; 11 milioni di euro di iva non dichiarata; 14 milioni di euro di iva indicata sulle fatture per operazioni inesistenti; 16 milioni di imposte dirette evase.

L’intricato sistema evasivo ha consentito al sodalizio, tra l’altro, di accumulare illeciti proventi, a loro volta, reimpiegati nell’acquisizione di beni di lusso quali orologi di pregio, auto di grossa cilindrata e viaggi intercontinentali. Rilevati anche acquisti di immobili, investimenti in società fiduciarie, titoli e strumenti finanziari derivati.

Il gip del tribunale di Pisa, Giulio Cesare Cipolletta, valutata la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza caratterizzati dalla loro gravità, precisione e concordanza, ha emesso un decreto di sequestro preventivo per equivalente, finalizzato alla confisca, per un controvalore di quasi 40 milioni di euro, consistente in: 18 unità immobiliari adibite a civile abitazioni e autorimesse/box, un’unità immobiliare adibita a capannone industriale, nonché’ disponibilità finanziare.

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