Misilmeri (Palermo) – Arrestati i presunti responsabili dell’omicidio di Massimiliano Milazzo, avvenuto nel giugno 2013 a Misilmeri, in provincia di Palermo. Si tratta di Giuseppe Correnti, 51 anni, e Pasquale Merendino, 33 anni.
Milazzo era scomparso la sera del 26 giugno 2013, come riferito dalla sua convivente nella denuncia presentata, il giorno dopo, ai carabinieri. Una coppietta che si era appartata nelle campagne aveva trovato il cadavere in contrada Risalajme avvisando, con una telefonata anonima, il proprietario del terreno. I militari riuscirono a risalire alla coppietta grazie ad un sistema di videosorveglianza piazzato nei pressi della cabina. I due però risultarono estranei all’omicidio.
L’esame del Dna confermò che il corpo era di Milazzo. Le indagini si concentrarono sugli ultimi spostamenti della vittima, poco prima della scomparsa. Dai filmati acquisiti dalle telecamere sparse sul territorio di Misilmeri (esaminate circa 1500 ore di registrazioni), si è riusciti a ricostruire l’ultimo pomeriggio in vita dell’uomo.
Proprio nel pomeriggio prima della sua morte Milazzo si recò al bar “283” di Misilmeri dove incontrò i suoi assassini e con i quali si allontanò a bordo della Fiat Uno di Pasquale Merendino. La vettura con a bordo i due è stata ripresa da una telecamera nei pressi del terreno dove fu trovato il cadavere. Poco dopo era stata filmata la seconda auto che seguiva la Fiat Uno guidata da Correnti.
Nelle ore successive le immagini delle videocamere hanno mostrato le auto che tornavano verso il paese con i soli proprietari a bordo. Il video registrati al bar “283” hanno messo in evidenza un altro particolare dell’omicidio, sembrerebbe infatti che il nipote di Merendino dopo l’allontanamento dei tre avesse mimato, rivolgendosi ad alcuni suoi amici affacciati a un balcone i gesti del taglio delle mani e di un pestaggio e avesse riferito loro alcune frasi che lette da un perito avrebbero avvalorato l’ipotesi degli investigatori.
L’autopsia ha messo in evidenza la frattura della clavicola e della mandibola, dimostrando che prima della morte l’uomo era stato picchiato con violenza. Il taglio delle mani – mutilazione di elevato valore simbolico che rievoca la punizione inflitta ai responsabili di furti – è stato praticato, verosimilmente, con un attrezzo agricolo compatibile con una zappa.
Il movente del delitto sarebbe stata rea di aver condotto alcuni furti e di aver spacciato nei pressi della abitazioni dei Merendino.