È venerdì, giorno sacro per i musulmani, alla moschea di San Marcellino, una delle più grandi d’Italia, situata nell’agro aversano, in provincia di Caserta. Qualche agente di polizia all’ingresso, probabilmente per sedare eventuali situazioni critiche. Ma l’aria che si respira è tutt’altro che critica: è un’aria di pace e comunione.
Sono passati otto giorni dalla strage di Parigi in cui hanno perso la vita ben 129 persone: uomini, donne e giovani con sogni, speranze e un futuro che mai potranno avverare.
Entrando, vediamo un grande striscione con lo slogan: “La comunità islamica di San Marcellino condanna gli attentati di Parigi con determinazione e senza riserve”. Più in là, ci si trova di fronte ad un muro colmo di volantini. Su uno di questi è scritto: “Corano 5:32, chiunque uccide un uomo sarà come se avesse ucciso l’umanità intera. E chi ne abbia salvato uno sarà come se avesse salvato l’intera umanità”.
Dentro la moschea dei fedeli stanno pregando: si inginocchiano a piedi scalzi e invocano Allah. Non si riescono a trovare in queste immagini differenze con i riti di altre religioni monoteiste, come quella cristiana, anche qui i fedeli hanno una luce splendente negli occhi, di folgorazione e amore.
Venerano un dio di pace che non avrebbe mai desiderato le atrocità degli atti terroristici di Parigi. Da ciò si comprende più chiaramente che le prime vittime del terrore sono proprio i veri musulmani.
Ne è assolutamente convinto l’Imam Nasser Hidouri, guida spirituale. Con il suo sorriso affabile, Nasser si racconta partendo dalle sue origini e descrivendo i soprusi che ha vissuto da adolescente sia a scuola che socialmente, fino a ritornare al presente e a condannare, in nome della comunità islamica, ogni attentato contro l’umanità.
Sono giorni di grande sospetto e terrore, imam Hidouri. Cosa vuole dire la vostra comunità alla luce degli attentati di Parigi?
Il nostro messaggio è molto chiaro. Quello che è successo a Parigi è condannato dalla nostra comunità islamica, come da tutte le comunità islamiche d’Europa, senza nessun “allora” e “però”. È stato un atto terroristico contro l’umanità, contro Allah, il corano e il percorso vitale di ogni essere umano. Ci sentiamo oltraggiati.
Che ruolo ha l’Islam moderato nello scenario creatosi?
La presenza di questi terroristi ha portato a parlare di “Islam moderato” e “Islam estremista”, ma non sono affermazioni corrette. L’islam è uno, l’Isis non è l’Islam. L’islam è un’interpretazione crescente e benevola di ciò che sta nel Corano e dei detti del profeta Maometto, pace su di lui (sorride radioso, n.d.r). L’Islam è una religione di pace che ha come obiettivo la convivenza con tutti. Ognuno creda o non creda in quel che vuole. Ci sarà un giorno del giudizio dove Allah ricompenserà per il bene e punirà per il male. Dio Allah è perdonatore, ma punisce chi compie il male.
Lei ha detto che l’Isis si è formato in America, in che senso?
Non sono accuse dirette, sto parlando di una situazione complessa, un’evoluzione che ha portato alla formazione indiretta di questi gruppi violenti durante la guerra fredda e durante la guerra tra l’ex Unione Sovietica e l’Afghanistan. All’epoca, l’America ha considerato la guerra dell’Afghanistan la “sua” guerra, aiutando i mujaheddin logisticamente e a livello di media. I mujaheddin hanno, quindi, combattuto anche grazie all’aiuto americano. Alla fine della guerra, le armi sono rimaste ai mujaheddin che le hanno utilizzate tra di loro. Nel ’79 c’è stata la guerra tra Iran e Iraq. Ancora una volta, l’America è stata presente prendendo le parti dell’Iraq contro l’Iran, esportatore di rivoluzione islamica. La guerra è durata quasi 10 anni. L’allora segretario della Difesa degli Stati Uniti, Donald Rumsfeld, presente sotto il governo Bush, ha consegnato armi chimiche, armi di provenienza americana, a Saddam Hussein che le ha utilizzate sia contro l’Iran sia contro i curdi del suo paese. Questo è il senso: lo scorpione sta mangiando la sua coda. Non voglio dire che lo hanno complottisticamente formato oggi. L’Isis non si è formato nel mondo islamico tramite lettura coranica ma tramite una situazione politica sociale di guerre e totalitarismo. Questi ragazzi si sono ribellati, ovviamente nel modo più terribile e condannabile, al loro governatore.
Colgo l’occasione per parlare di una cosa che mi ha colpito molto, ossia la partecipazione di un quindicenne islamico agli attentati di Parigi. Ho cercato la risposta nel Corano, ma poi ho capito che la potevo trovare solo dentro di me. Io a 15 anni mi trovavo in un paese governato dalla dittatura: unica religione, unico stato, unica opinione. Ricordo come a scuola io venissi bullizzato perché molto alto e snello. Mi picchiavano e mi facevano male. Mi sentivo solo, oppresso, chiuso in me stesso, mi vergognavo, volevo che qualcuno mi difendesse, ma non ho mai chiesto apertamente aiuto. Cosa potevo fare? Suicidarmi, forse!?
Ricordo che una volta ho litigato con un ragazzo e l’ho picchiato fortemente, dimostrai agli altri che potevo essere violento, ma mi resi conto che non era quella la soluzione, la forza non dava pace. Pian piano mi sono avvicinato a un gruppo islamico pacifico, che ora si trova al governo della Tunisia. Ecco, quella è stata la mia fortuna: era un gruppo pacifico. Mi ha aiutato a crescere religiosamente e socialmente. Ma le dico la verità, a 15 anni si è vulnerabili, vittime di plagio, povertà e solitudine. Gli adolescenti sono adolescenti in tutto il mondo e possono facilmente essere influenzati. Che cosa sarebbe successo se mi fossi avvicinato ad un gruppo islamico violento? Il terrorismo ci minaccerà sempre fino a quanto ci sarà emarginazione e solitudine.
La verità è che quello che è successo a Parigi è un fallimento dell’Isis, hanno mandato alla morte l’ultimo sasso, la più debole delle pedine. Non hanno salvato quel ragazzo, lui e tutti gli altri ora sono all’inferno. L’Isis ha voluto colpire e realizzare uno stacco tra società occidentale e islamica. I nostri figli sono ormai italiani, non c’è stacco, non c’è differenza per noi. Uniamo i nostri ruoli, spiegando il corano in modo giusto. Se togliamo le moschee diamo piede all’Isis, perché l’Isis è composto da persone che non conoscono il testo sacro. L’Isis è composto da ignoranti.
A proposito di questo, nel Corano ci sono passi equivocabili sulla cosiddetta “Jihad”, la guerra santa?
Ha letto all’ingresso? Il Corano dice che chi uccide un uomo uccide tutta l’umanità e chi salva un’anima salva tutta l’umanità. È vero, ci sono versetti che invitano ad uccidere i miscredenti e gli infedeli, ma non sono codici di vita o ordini, sono racconti decontestualizzati.
Cosa ne pensa di quei politici o cittadini italiani che ritengono che chi si esprima in qualche modo, anche velatamente, in favore dell’Isis o che, comunque, non abbia manifestato molta solidarietà per i fatti accaduti in Francia debba essere espulso dall’Italia?
Sì, molti non hanno voluto essere solidali o comunque non sono stati fermi contro l’Isis, ma dobbiamo cercare di capire. Forse, sono stati fraintesi? Forse hanno detto una cosa per un’altra? Quando non si parla bene una lingua è facile non essere compresi, è capitato perfino a me. Allora, se sono legati al terrorismo devono ovviamente essere fermati dalla polizia, ma se sono semplicemente persone in collera, arrabbiate o con problemi, allora salviamoli. Molte associazioni delle nostre zone si occupano del fenomeno dei rifugiati da Pakistan, Gambia, Somalia e altri paesi: Nero e non solo, Cgil, Caritas, Centro Fernandes. Noi della moschea, invece, possiamo aiutare ad interpretare bene il testo coranico e vivere per la pace.
In tutti questi anni è mai venuto a contatto con qualche presunto jihadista o estremista?
Io sono stato il primo estremista di pensiero. Provengo da una terribile realtà, ho fatto l’insegnante in Tunisia per sette anni e vivevo in una situazione sconsolante. Nel ‘91, quando sono arrivato qui, ho trovato cose a cui non ero abituato: un’altra religione, un’altra cultura, un altro mondo. È stato difficile. La mia scuola mi aveva insegnato a dividere: c’ero io e c’eravate voi, l’occidente. Io e loro. La divisione non è mai un bene. Grazie alla parrocchia, gli amici e l’ex parroco di San Marcellino, don Giuseppe Esposito, ho ascoltato. In Tunisia ero sordo: non ascoltavo e nessuno mi ascoltava, qui ho trovato chi mi ha ascoltato e io ho dovuto ascoltare. Ho revisionato tutto dentro di me, mi sono integrato e sono felice. Non abbiamo mai avuto problemi con jihadisti o con qualcuno che abbia compiuto qualche brutta azione nel mondo. La nostra moschea ha abbattuto i muri, è stata accogliente, anche per chi è stato vittima di una certa cultura.
Se una persona musulmana si accorge che un amico o un familiare mostra tendenze estremiste come si dovrebbe comportare? Cosa dovrebbe fare per evitare che questi possa malauguratamente entrare in frange estreme come l’Isis?
Questa domanda mi porta a pensare, soprattutto, alle famiglie. In casa, si dovrebbe fare quello che facciamo noi. Innanzitutto, evitare che i nostri figli vengano bullizzati o siano dei bulli, trasmettendo loro buoni valori. Così si scongiurano agenti di ribellione. Poi, dobbiamo insegnare una cultura di convivenza ai nostri figli. Anche se troviamo un soggetto chiuso, cerchiamo di curarlo con il dialogo. Se ci accorgiamo che non si può curare, il male si deve segnalare alle autorità. Il giorno degli attentati di Parigi, allo stadio, un bravissimo poliziotto algerino ha salvato i cittadini bloccando un terrorista. La stampa non ne ha parlato, facciamo l’applauso a quell’eroe che ha fatto la cosa giusta.
Cosa ne pensa della risposta di Russia e Francia al terrorismo, soprattutto per ciò che sta accadendo in Siria?
Secondo me è una vergogna. Che ragionamento è? Voi siete venuti a colpire la nostra gente e noi colpiamo la vostra? Rispondere alla violenza con la violenza? I soldi che il governo sta spendendo in armi potrebbero essere usati per aiutare i poveri nei quartieri emarginati di Parigi. L’Isis fa leva su chi è emarginato. Se salviamo gli emarginati indeboliamo l’Isis. Dobbiamo lavorare su questo. Se bombardiamo qualcuno che ha l’obiettivo di morire, perché nella sua interpretazione coranica ciò lo porterà al paradiso, stiamo facendo una cosa inutile. È come se con un antibiotico volessimo sconfiggere un cancro. Un antibiotico può sconfiggere un batterio, ma non il cancro.
Come, secondo lei, può avvenire l’aggregazione tra cristiani e musulmani?
Facendo quello che faccio con Don Peppino Esposito e l’ex vescovo Nogaro, che reputo essere una grandissima persona. Lui ci ha fatti avvicinare, ha calmato gli animi, ha un enorme spirito di accoglienza. Con don Peppino, sia nella scuola che nella parrocchia che nella moschea, cerchiamo fratellanza. Oggi prima della mia preghiera c’è stata la sua e la moschea, come il cortile, era piena di gente. Tutti hanno ascoltato reagendo con il sorriso. Allontaniamo la paura, troviamo il coraggio, cerchiamo di avere fiducia e, soprattutto, smettiamola di essere pessimisti, perché chi è pessimista non crede nel futuro e noi, nel futuro, ci crediamo.