Parigi – Negli ultimi giorni è diventata virale la commuovente lettera scritta da Antoine Leiris, marito di una delle vittime del teatro Bataclan, all’undicesimo arrondissement di Parigi, trucidata senza pietà, nella serata di venerdì 13 novembre, da terroristi dell’Isis.
L’uomo ha sentito il bisogno di pubblicare su Facebook un pensiero rivolto alla moglie, madre di suo figlio. La lettera, che trasuda amore, affetto e dolore, nella sua delicatezza è, paradossalmente, un monito duro nei confronti degli jihadisti e anche un messaggio di speranza e forza per i parigini.
Antoine apre con una frase, rivolta agli aguzzini, che non molti si aspetterebbero da un vedovo: “Vous n’aurez pas ma haine” (“Voi non avrete il mio odio”).
Nella negazione dell’odio, Antoine grida probabilmente uno dei “ti amo” più belli mai scritti per una moglie.
“Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa. L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio”.
Nella lettera Antoine descrive scene di vita quotidiana: la merenda del figlio, il pisolino, i giochi, a ricordarci ancora una volta come le vittime dell’horreur erano persone normali, che potremmo incontrare quotidianamente per strada, che avevano vite simili alle nostre, con famiglie, progetti, sogni, speranze e che con noi, quindi, condividevano molto di più della nomea di “europei” e “occidentali”.
Erano esseri umani.